Ormai non si contano più le dichiarazioni provenienti dal Pd, da Leu e dal Movimento cinque stelle contro il sottosegretario della Lega Claudio Durigon. Tutte dichiarazioni unanimi nel chiedere in maniera esplicita o un passo indietro dell’uomo di Salvini a Latina, o un’azione concreta da parte del governo di Mario Draghi per sollevare dall’incarico chi, evidentemente, non può ricoprire quel ruolo. Questo è quello che il centrosinistra allargato vorrebbe.
Non è ovviamente detto che lo si otterrà. Però in politica – quella seria, vera e lodevole – si dovrebbe avere il gusto e il rispetto quantomeno di rispondere, di rilasciare dichiarazioni piuttosto che coprirsi dietro un silenzio che sa non solo di imbarazzo, ma anche di codardia forse – chissà – per non disturbare gli animi così contrastanti di una maggioranza di governo talmente vasta da apparire grottesca.
Eppure così è, considerando che né Mario Draghi, né il diretto titolare di Durigon – il ministro dell’Economia Daniele Franco -, né tantomeno la rispettabile ministra della Giustizia Marta Cartabia hanno proferito parola sulla vicenda. Nessuna dichiarazione, nulla di nulla. Strano se si considera che siamo in presenza di tre personaggi politici osannati ovunque dai giornali italiani. E qui, purtroppo, c’è poco da esultare. Perché non dovrebbero esserci strategie o opportunismi che tengano davanti a una dichiarazione per la quale si vorrebbe intitolare (nuovamente) una piazza al parente di Benito Mussolini piuttosto che a Falcone e Borsellino (leggi l’articolo).
E gli altri cosa hanno fatto finora? Poco o nulla. Nel centrodestra silenzio imbarazzante. Esattamente come quello di Italia Viva. E proprio come quello di Matteo Renzi, che negli ultimi mesi ha inaugurato un solido asse politico con la Lega di Salvini. Il leader di Italia viva – impegnato nel tour estivo di presentazione del proprio libro, in cui bombarda un giorno sì e l’altro pure il reddito di cittadinanza – non ha ancora proferito parola sulla vicenda Durigon, né ha chiarito se i 28 deputati che gli fanno capo voteranno o meno la mozione di censura.
A titolo personale si sono espressi il capogruppo al Senato Davide Faraone (“Ignominia si chiama, vituperio. Offendere così due eroi antimafia dovrebbe essere reato”) e la viceministra delle Infrastrutture Teresa Bellanova (“L’apologia di fascismo nel nostro Paese è reato, e chi rappresenta le Istituzioni dovrebbe avere a cuore il moltiplicare i luoghi intitolati a Falcone e Borsellino, altro che proporne la cancellazione. Bruttissima pagina di politica”). Evidentemente troppo poco dinanzi a dichiarazioni contestabili e condannabili come quella di Durigon.
LE PRIORITA’. E invece i leader di cosa preferiscono parlare? Renzi ieri ha dedicato il suo intervento in onda a Canale 5 al green pass, alla Dad e alla necessità che le misure vengano chiarite perché “i ristoratori non possono fare gli agenti di polizia”. Tutto giusto. Peccato non abbia detto nulla su Durigon. E Salvini? Ovviamente ha passato la giornata ad attaccare il ministro dell’Interno Lamorgese, a fare campagna elettorale in Calabria e a dire che il ponte sullo Stretto è una priorità.
Peccato non abbia chiesto voti ai calabresi sponsorizzando anche lui l’intitolazione di una piazza. Hai visto mai. E la Meloni? Ha affidato il suo pensiero a Il Giornale: tra i temi affrontati il suo non essere no vax (ma essere no green pass), la sua fiducia in Salvini e Berlusconi. E Durigon? Nessuna dichiarazione, anche perché – ma va? – nessuna domanda è stata posta.
LA PECORA “NERA”. Ed ecco la domanda che sembrerebbe banale e che tuttavia banale non è: cosa potrebbe accadere dinanzi a una mozione? Se infatti il silenzio (complice) dovesse vincere, Pd, Leu e Movimento rischierebbero di perdere. È anche vero, però, che ci sono mosche bianche. Il forzista Elio Vito, già protagonista di forti prese di posizione – in dissenso da quasi tutto il centrodestra – a favore del ddl Zan, annuncia il proprio sì su Twitter: “Voterò la mozione di sfiducia a Durigon presentata dal M5s. Perché l’antifascismo è un valore fondante la Repubblica e perché non possiamo pubblicare ogni anno foto di Falcone e Borsellino e poi restare indifferenti. Spero di non essere il solo in Forza Italia”. Non ci resta a questo punto che sperarlo anche noi.