L’articolo 68 della nostra Costituzione è molto chiaro: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. In una parola: insindacabilità delle opinioni quando queste rientrano nell’esercizio parlamentare. E ciò, in concreto, vuol dire che se un deputato o un senatore usano toni forti, espressioni colorite e così via non possono risponderne in tribunale qualora siano attribuibili all’espletamento dell’onorevole attività. Ed è per questa ragione che il deputato di Forza Italia Andrea Ruggieri non sarà oggetto di alcun procedimento nonostante la causa civile intentatagli dalla vicepresidente del Senato Paola Taverna (leggi l’articolo). È tutto scritto in una relazione consegnata dalla Giunta per le Autorizzazioni alla presidenza della Camera dei Deputati.
IL CASO. Tutto nasce dopo una trasmissione di “Quarta Repubblica”, il programma condotto su Rete4 da Nicola Porro. Durante quella puntata si stava parlando di “costi della politica” e di spese telefoniche alla presenza dello stesso Ruggieri e dell’europarlamentare 5S Dino Giarrusso. Ed è allora che, si legge nella relazione, “il conduttore chiedeva ‘io voglio sapere come fa la Taverna ad aver speso 350 euro al mese’”. A questo punto – secondo la ricostruzione del colloquio fornita nell’atto di citazione della Taverna – Ruggieri avrebbe affermato “o te li rubi o sei scema…” e “… o te li fotti o sei scema”.
E tutto questo senza che la Taverna fosse presente in studio magari per replicare. Da qui l’atto di citazione. A cui tuttavia Ruggieri ha prontamente replicato avvalendosi dell’articolo 68, in quanto “risulta pacifico che le opinioni espresse dall’on. Ruggieri siano state esternate nell’esercizio della propria funzione. Ed infatti la parte della trasmissione televisiva in questione (…) verteva proprio sulle richieste di rimborso delle spese sostenute da parlamentari della Repubblica”. Non solo. Nella relazione si spiega anche che Ruggieri avrebbe “utilizzato le espressioni all’origine della citazione rivolgendosi al dottor Giarrusso (Dino, ndr) e non alla sen. Taverna”.
Ecco dunque il colpo di scena: il deputato avrebbe sì detto quelle parole (offensive per alcuni…), ma non alla Taverna, bensì a Giarrusso. Ma c’è di più. Nel corso delle audizioni Ruggieri avrebbe spiegato che l’unica frase rivolta direttamente alla Taverna sarebbe stata: “Se io spendo sette euro al mese vuol dire che si possono spendere sette euro al mese, se uno ne spende duecento volte in più, la Taverna… vuol dire anche o non sa fare i contratti telefonici oppure chiama su Marte”. Un altro copione, dunque, rispetto a quello della citazione.
LA CONCLUSIONE. Sul punto, però, la Giunta per le autorizzazioni non ha comptenza non potendo entrare in merito e dunque non si è pronunciata. Ha deciso invece di dire la sua sullla possibilità di appellarsi all’articolo 68 o meno, considerando che come legge vuole il Tribunale civile di Roma ha sospeso qualsiasi giudizio. Soltanto Pd e M5S hanno espresso voto contrario. Tutti gli altri partiti (compreso Iv) hanno espresso voto favorevole. La conclusione? “La Giunta – si legge ancora nella relazione – ha ritenuto applicabile al caso di specie la prerogativa di cui all’articolo 68 della Costituzione e ha conseguentemente deliberato, a maggioranza, nel senso della insindacabilità delle dichiarazioni del deputato Andrea Ruggieri”.