Sulla giustizia il governo non si ferma. E dopo l’approvazione della riforma Cartabia, che per accorciare i processi rischia di mandarli al macero sotto la tagliola dell’improcedibilità, arriva pure il bavaglio per i magistrati. Conferenze stampa sulle indagini in corso solo nei casi di “particolare rilevanza pubblica”. E tenute dal procuratore capo (o dalla polizia giudiziaria, debitamente autorizzata) che gestirà i rapporti con i giornalisti esclusivamente attraverso questo canale o quello dei comunicati. Con un limite ulteriore. La diffusione di informazioni sui procedimenti penali sarà possibile solo quando “è strettamente necessaria” per la prosecuzione delle indagini o in presenza di “altre rilevanti ragioni di interesse pubblico”.
Il tutto accompagnato dal divieto per tutte le autorità pubbliche, di indicare come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato sino a quando la sua responsabilità penale non venga accertata con una sentenza definitiva. Sono questi i paletti fissati nei rapporti tra procure e stampa con cui il governo Draghi decide di recepire la direttiva europea sulla presunzione di innocenza (la 343 del 2016).
Le nuove norme sono contenute nel decreto legislativo presentato e approvato al Consiglio dei ministri (qui la nota di Palazzo Chigi) a pochi giorni dalla scadenza del termine per provvedere al recepimento della direttiva, fissato per l’8 agosto prossimo. Il decreto legislativo arriva dopo l’approvazione, nella legge di delegazione europea, di un emendamento a firma di Enrico Costa (Azione) sul recepimento della direttiva. E dopo l’esame in Cdm, dovrà essere inviato alle commissioni parlamentari competenti.
Guardingo il M5S, restio a dare il via libera ad atti che pregiudicano la libertà di stampa. “Attendiamo in commissione il decreto legislativo sul rafforzamento del principio di non colpevolezza per esprimere il nostro parere. È un provvedimento certamente importante, lo valuteremo con estrema attenzione, nella convinzione che tutte le parti del processo devono garantire una informazione corretta e non pregiudicare in alcun modo la libertà di stampa”, dichiara Mario Perantoni, presidente M5S della commissione Giustizia della Camera.
Esulta Costa: “È una nostra battaglia convinta. Una battaglia di civiltà perché troppo spesso la conferenza stampa delle Procure è la vera sentenza, quella mediatica, quella che resta impressa nella mente di ciascuno. La sentenza vera, quella definitiva, arriva dopo anni e, quando di assoluzione – spiega il deputato – non restituisce la credibilità cancellata dalla comunicazione degli inquirenti”. E festeggia anche Italia Viva con Catello Vitiello, finito tra i renziani dopo che il M5S lo aveva sospeso per la sua appartenenza alla massoneria.
Anche Vitiello rivendica la paternità delle misure: “E’ necessario modificare il segreto investigativo e sanzionare l’odiosa fuga di notizie dalle procure. E la ministra della Giustizia Marta Cartabia (nella foto) ha mantenuto fede all’impegno assunto con l’ordine del giorno ispirato a una pdl a mia firma e accolto all’esito dell’approvazione alla Camera della riforma del processo penale”.
Ma anche il Pd vuole intestarsi il risultato: “La norma sul rafforzamento del principio di non colpevolezza rappresenta un primo importante passo. Un argomento che peraltro il Pd ha sollevato prevedendo interventi specifici con gli emendamenti presentati alla riforma del Csm. Riteniamo che il diritto all’informazione sia il presupposto di qualsiasi democrazia liberale, ma siamo contro la spettacolarizzazione delle indagini”, dichiara la vicepresidente del Senato e responsabile Giustizia dei dem, Anna Rossomando.