Ha avuto una fretta del diavolo Mario Draghi a chiudere la partita sulla giustizia. Imperativo categorico del premier era portarla a casa prima della pausa estiva. Peccato che così tanta solerzia sia mancata nei confronti delle altre riforme previste per luglio dal cronoprogramma contemplato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza spedito a Bruxelles. L’impegno anima e corpo sulla giustizia ha di fatto rallentato tutta l’agenda del Governo. La legge sulla concorrenza e la legge delega sul fisco che avrebbero dovuto essere presentate entro questo mese slitteranno a settembre. E destinata a ulteriore rinvio pare essere anche la riforma degli ammortizzatori sociali che compare sempre nel nostro Recovery plan.
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A frenare le riforme della concorrenza, uno, e del fisco, due, sono le diverse visioni dei partiti di maggioranza e la mancanza di risorse. Ancora aperto, peraltro, è il confronto tra i ministeri sulla prima riforma e il disegno di legge, che dovrebbe spaziare dall’energia ai farmaci, dai porti ai rifiuti, è finito in alto mare. Tra le questioni ancora da risolvere quella dei servizi pubblici locali per i quali si è ipotizzato anche di ricorrere a una delega. Per la seconda grande assente, ovvero la riforma del fisco, non c’è traccia della Commissione di esperti annunciata da Draghi. Mentre il documento che è uscito dal Parlamento non ha sciolto le questioni più spinose come la revisione delle aliquote Irpef. I partiti sono ancora divisi tra una riduzione che mantenga il sistema a scaglioni o il passaggio all’aliquota continua alla tedesca. Si è trovato un generico accordo nell’indicare come necessario l’abbassamento delle tasse sui ceti medi e nel far passare la mini flat tax per gli autonomi con ricavi fino a 65 mila euro.
Ma soprattutto a raffreddare gli entusiasmi ci ha pensato il ministro dell’Economia. Nel delinerare il progetto di riforma – dal superamento dell’Irap al taglio incisivo dell’Irpef – Daniele Franco ha detto che per entrare nel dettaglio delle scelte sarà indispensabile avere il quadro delle risorse disponibili che al momento resta “incerto” per via dell’evoluzione della pandemia. Per “alleggerire il prelievo non possiamo mettere a rischio la tenuta dei conti” e una operazione in deficit, ha detto a chiare lettere il ministro, non rientra quindi tra gli scenari possibili. Si vedrà “con le prossime manovre”. Discorso rinviato dunque all’autunno.