Dopo l’assessore sceriffo di Voghera Massimo Adriatici, un altro caso di politici dal grilletto facile scuote la Lega. Questa volta a finire nei guai è il consigliere comunale di Licata, in provincia di Agrigento, Gaetano Aronica che ieri notte ha sparato contro l’ex socio, un 71 enne, ferendolo al braccio. L’imprenditore, eletto con il Carroccio e che gestiva assieme al ferito un’agenzia di onoranze funebri, è indagato dalla locale Procura, guidata dal procuratore Luigi Patronaggio, per tentato omicidio e per porto abusivo di arma da fuoco. Stando a quanto emerge in queste ore, tra il politico e l’ex socio i rapporti erano deteriorati da tempo. Malumori reciproci che di tanto in tanto sarebbero sfociati in liti per via della sedazione societaria che non riusciva a definirsi. Proprio quanto accaduto ieri quando, dopo l’ennesimo e violento diverbio, il consigliere leghista ha sparato quattro colpi contro il socio. Per fortuna, solo un colpo ha raggiunto l’uomo, che ha riportato una ferita lieve a un braccio. Portato all’ospedale San Giacomo d’Altopasso di Licata, è stato medicato e ha ricevuto una prognosi di venti giorni. Dopo l’accaduto, Aronica si è presentato spontaneamente dai carabinieri, accompagnato dal suo legale, per raccontare l’accaduto e facendo ritrovare l’arma usata per l’agguato. Che i due fossero ai ferri corti, in Paese lo si sapeva da tempo. Del resto all’incirca una settimana fa, come raccontato dal quotidiano GrandangoloAgrigento.it, proprio in direzione della sede dell’agenzia di onoranze funebri “erano stati esplosi diversi colpi di arma da fuoco”. Aronica era stato eletto nel 2018 con 373 preferenze nella lista “Lega Noi con Salvini” anche se, come fanno sapere dal partito, non risulta iscritto. Rispettato e conosciuto, a marzo 2019 diventa capo del gruppo consiliare di “Liberi e Indipendenti per Licata”, in opposizione del sindaco Giuseppe Galanti.
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IL CASO DI VOGHERA. Per un curioso caso del destino, l’episodio di Licata segue di pochi giorni quello accaduto a Voghera. Protagonista di quest’ultimo episodio è stato l’assessore leghista alla Sicurezza, Massimo Adriatici, che martedì 20 luglio ha ucciso con un colpo di pistola Youns El Boussettaoui. Fatti dopo dei quali il politico si è dimesso da assessore, carica da cui si era già autosospeso, e risulta ancora agli arresti domiciliari, anche se il suo avvocato, Gabriele Pipicelli, ha detto che si rivolgerà al Tribunale del Riesame perché vengano revocati. All’uomo la Procura contesta il reato di eccesso colposo di legittima difesa e da giorni lavora per capire cosa sia realmente successo. Stando alle parole dell’assessore, ci sarebbe stata una colluttazione e il colpo fatale sarebbe partito in modo involontario. Ma qualcosa in questa ricostruzione sembra non convincere i magistrati che, da giorni, raccolgono testimonianze. Una in particolare, riportata da Repubblica, smentirebbe la ricostruzione offerta da Adriatici perché il testimone avrebbe raccontato di avere visto Adriatici sparare da terra mirando con lucidità a El Boussettaoui, che lo aveva precedentemente aggredito. “Ho visto un signore italiano che stava parlando al telefono, Youns lo ha spinto e l’italiano è caduto in terra sulla schiena. A quel punto, mentre era sdraiato, ha estratto la pistola dal fianco e gli ha sparato un colpo a sangue freddo. Dopo essere stato colpito, Youns è corso via con la mano sulla pancia e poi è caduto a terra”.