I Campionati Europei di calcio sono stati un evento straordinario, con un epilogo non esattamente scontato, che ha avuto, ovviamente al di là dei meriti calcistici degli uomini di Mancini, un impatto sul clima generale del Paese. Non potevano infatti essere un traino migliore per il lancio del Made in che il ministro Luigi Di Maio sta portando avanti con una campagna incessante a livello nazionale e internazionale.
La Nazionale di calcio rappresenta un Paese in cui il senso di appartenenza alle istituzioni, al concetto di Stato e al concetto di senso civico non è sempre fortissimo. Quindi gli Azzurri sono stati uno straordinario collante e un forte agente motivatore non solo sportivo ma anche a livello di coesione civile, culturale e interclassista. E questo evento non poteva capitare in un momento migliore in quanto l’Italia, uno degli Stati al mondo più colpiti dalla pandemia, grazie a questa manifestazione e alla strepitosa vittoria, ha avuto uno slancio e una spinta straordinari.
Dal punto di vista televisivo, una delle principali note positive è stata la capacità di coinvolgere anche i giovanissimi, in un periodo storico in cui ormai gli under 25 viaggiano di default sui canali social. Avere uno share del 76,5% su Rai 1 nella fascia di età 15/34 anni, per la finale Italia-Inghilterra, è un risultato stupefacente, come ci confermano i dati di OmnicomMediaGroup, così come il 75,3% di share per la fascia 25/54.
Certo, si trattava della finale della nostra Nazionale agli Europei e da sempre il calcio è il catalizzatore dei maggiori ascolti televisivi: basti pensare che la trasmissione più vista nella storia della nostra tv è stata la semifinale Italia-Argentina di Italia ’90 e che nelle prime 49 posizioni della classifica dei programmi più visti figurano solo partite di calcio.
Ma proprio il Calcio ha il merito di coinvolgere questi strati più freschi della popolazione e trasmettere loro contenuti e valori che altrimenti la politica, per esempio, non sarebbe in grado di fare altrettanto positivamente: i giovani si sentono esclusi sia per come viene raccontata sia perché non si sono sentiti mai veramente protagonisti della narrazione politica. La narrazione calcistica ha invece il pregio di connettere anche i ragazzi.
È quindi perfettamente comprensibile l’entusiasmo del Ministro degli Esteri Di Maio, che da questa vittoria ha tutto da guadagnare, così come il fatto che il mondo istituzionale abbia voluto premiare i nostri giocatori con dei riconoscimenti tangibili come gli incontri con Mattarella e con Mario Draghi. Il successo naturalmente riguarda anche, e soprattutto, i network che hanno trasmesso Euro 2020, in particolare la Rai.
La tv di Stato ha convogliato tutte le energie per tenerci sempre collegati con i luoghi dell’Europeo e aggiornati in tempo reale su quello che stavano facendo gli Azzurri. Nello specifico, Rai 1 ha fatto la parte del leone: la rete di Stefano Coletta ha saputo valorizzare l’evento pure dal punto di vista informativo puntando sul sicuro con esperti intrattenitori come Paola Ferrari, Enrico Varriale e Marco Lollobrigida, senza dimenticare la squadra dei telecronisti. E in questo contesto si inserisce bene anche Sogno Azzurro, il docu-film sull’avventura della Nazionale agli Europei, che nelle 4 puntate prima del torneo aveva tenuto una media attorno al 12% di share esplodendo poi il 15 luglio dopo la vittoria con il 21,2% di share.
Concludendo con gli ascolti, sempre forniti da OmnicomMediaGroup, vediamo che Euro 2020 su Rai 1 ha avuto una media di 7.585.854 spettatori con il 36,7% di share (+0,3% rispetto a Euro 2016). Ma se guardiamo la fase finale, dagli ottavi in poi, la media è stata di 9.753.853 spettatori (+8% vs Euro 2016) con il 46,6% di share (+31,2% vs Euro 2016).