Ed infine la curiosità è stata soddisfatta. Ai tanti giornalisti presenti al Tempio di Adriano a Roma, Giuseppe Conte (qui il video della conferenza stampa) ha tolto il velo alla Verità e l’ha mostrata nuda, dopo mesi di dubbi interpretativi. L’ex premier ha recitato un piccolo capolavoro di retorica forense adattato alla politica. Quindici minuti di nebbia totale hanno sapientemente e un pò sadicamente nascosto l’obiettivo.
All’inizio sembrava una rinuncia quando ha detto di avere avuto “notevoli diversità di vedute con Grillo” e che “non ha senso imbiancare una casa che ha bisogno di una profonda ristrutturazione”. Ma poi la moderazione del leader promesso ha impresso la svolta e dopo una mezz’ora si è capito dove voleva parare e cioè che accettava – con precise condizioni stringenti – il ruolo di leader politico e rimandava la palla a Grillo.
GRAZIE A CRIMI. Conte ha chiarito che in questi quattro mesi ha lavorato molto sullo Statuto che consegnerà oggi a Vito Crimi e su cui si aspetta un voto della base con una “maggioranza non risicata” e poi da lì si ripartirà. Viceversa, se questo non fosse, sarebbe pronto a riprendere altre strade perché “chi mi conosce sa che non possiedo alcun piano B” e cioè non si vuole fare – almeno così dice – un suo partito.
La strategia di Conte era peraltro l’unica possibile e ha così infatti messo nell’angolo Grillo che se bocciasse la sua proposta sarebbe cucinato a fuoco lento dai suoi e se invece l’accettasse dovrebbe subire un ridimensionamento che Conte stesso ha chiaramente descritto come già previsto nel nuovo Statuto insieme a tre organi: una “filiera di garanzia”, una “filiera politica” ed una “filiera di controllo e coesione”.
Tre poteri sostanzialmente indipendenti. Sono previsti anche nuovi organi come il vicepresidente, il Consiglio nazionale, una sorta di nuovi Meetup sul territorio, una scuola di formazione politica (citata quella del Pci di Frattocchie), una Carta dei principi e dei valori. “Non è possibile alcuna diarchia” – ha detto l’avvocato del Popolo, “occorre definire i contorni netti e non lasciare posto a possibili ambiguità”.
IL GOVERNO VA AVANTI. Insomma Conte accetta di fare il leader del Movimento se: 1) Avrà ampia investitura popolare sul voto riguardante il nuovo Statuto 2) Non ci saranno ambiguità su chi comanda (cioè lui). Conte ha poi respinto dietrologie su possibili mancanze di supporto al governo Draghi. Ha ribadito la vocazione ecologista del Movimento – e allora dovrà chiarire un attimo cosa fare con il ministro Roberto Cingolani contestato dallo stesso Grillo che lo aveva voluto – ma ne ha anche anticipato lo spostamento del baricentro in una zona moderata, non troppo distante dal Pd con cui ci sarà “prossimità, ma non sovrapposizione”.
A tal proposito ha ribadito che se il leader sarà lui l’asse strategico sarà appunto con il Pd e il Centrosinistra, a partire proprio dall’esperimento di Napoli con un candidato, Gaetano Manfredi, che ha tenuto a ribadire “è stato un mio ministro”, e cioè “l’ho scelto io” e Letta ha accettato. Tutto questo e altro ancora andranno bene a Grillo? La palla è ora nel suo campo e il fondatore dovrà decidere “se essere il genitore generoso o il padre padrone” del nuovo Movimento. Quasi una provocazione, che ha fatto trapelare l’indiscrezione di una risposta a caldo dello stesso Grillo, prima con un video e poi con un post sul blog, che però fino a tarda sera non era ancora arrivato.
Segno di una necessaria ponderazione di fronte a un aut-aut che potrebbe portare alla frattura più grave mai avvenuta finora nel Movimento, riuscito a resistere all’addio di oltre cento parlmentari, di Di Battista e dell’erede del co-fondatore Gianroberto Casaleggio, con la piattaforma Rousseau che sembrava ancora qualche mese fa irrinunciabile. Uno strappo che presenterebbe un prezzo anche a Conte, tuttavia pronto a correre il rischio pur di arrivare a una ristrutturazione del Movimento “profonda” e secondo lui assolutamente “necessaria”.
LA PORTA RESTA APERTA. Se arriverà un segno chiaro, entro un tempo che Conte non ha fissato, il rapporto tra nuovo capo politico e garante potrebbe ripartire “con entusiasmo”. Su questo l’ex premier è stato misurato nel lasciare la porta bene aperta, in modo tale che se però Grillo dovesse opporre il gran rifiuto, la colpa della frattura ricadrebbe tutta su di lui.