Il braccio di ferro tra il leader in pectore, Giuseppe Conte e il garante del Movimento, Beppe Grillo si è trasformato in una frattura grave e forse insanabile. Ne abbiamo parlato con Marco Revelli, politologo e ordinario all’Università del Piemonte Orientale.
Professore cosa accade?
“E’ complicato capire quello che sta succedendo: mi pare domini una gran voglia di farsi del male. E’ difficile da ricondurre il tutto a una qualche razionalità politica. Mi sembra che il tutto rientri nel generale processo di decomposizione che sta travolgendo il nostro sistema politico e i suoi partiti. Non c’è un partito che si salvi. Ma mi pare che i Cinque Stelle siano in testa alla classifica in questa operazione di autolesionismo sistematico”.
Eppure sembrava arrivato il momento in cui il Movimento dovesse rilanciarsi con l’investitura ufficiale di Conte a partire dalla benedizione di Grillo.
“Qualsiasi ragionamento razionale portava a concludere che i due dovessero accordarsi e non che il fondatore ragionasse in termini di après moi le déluge (dopo di me il diluvio, ndr)”.
Ma cosa secondo lei è risultato indigesto a Grillo?
“Non saprei dirlo con precisione, perché entriamo in una dimensione caratteriale in cui probabilmente la figura del fondatore non sopporta l’idea di dividere la gestione della sua creatura con qualcun altro. Ma è una patologia questa che Grillo faccia un vaffa a sé stesso”.
Ci può spiegare meglio.
“Se il Movimento decide di affidarsi a un leader che ha sperimentato quasi per un’intera legislatura non è che poi lo dinamita nel momento in cui deve compiersi quest’operazione. Non si manda a fanculo quello che dovrebbe guidare il proprio Movimento. Mi sembra un’operazione autodestabilizzante. A questo punto si sceglieva un altro yes man e salvava le apparenze. Ma non si conduce un’operazione con una figura come Conte che è stato presidente del Consiglio, dalle elezioni fino alla fine dello scorso anno, per poi decidere che ti dà fastidio. A questo punto si doveva scommettere su un’altra leadership. Non si lavora per alcuni mesi a un’ipotesi e poi la si butta per aria. Mi sembra una follia. Non si fa”.
A questo punto cosa dobbiamo aspettarci se il M5S dovesse perdere Conte?
“Esiti disastrosi soprattutto se lo perde in questo modo con il capriccione di un fondatore infantile. Mi sembra che il Movimento finisca il proprio ciclo politico. Eppure la nostra politica avrebbe bisogno di una forza come quella che avrebbe potuto essere il Movimento. Mi dispiace che una forza che si muoveva in direzione ostinata e contraria rispetto a tutte le derive cui assistiamo si autoaffondi”.
Non vede tra i due la possibilità di ricucire?
“Mi sembra che prevalga il cupio dissolvi. L’impressione è che la frittata sia fatta. Le uova non si ricostruiscono”.
Se il M5S perde Conte, il Pd perde un interlocutore privilegiato?
“O un concorrente pericoloso. Non so cosa sperino nel Pd. Di certo quello cui abbiamo assistito non è stato un bello spettacolo anche per chi ha simpatie per il Movimento. Non vivremo tempi felici. Io sono pessimista di mio e lo sono sempre di più osservando quanto si muove sulla scena politica”.
In che senso?
“Il Pd sta male, sta malissimo ma nemmeno Forza Italia e Berlusconi stanno bene, neanche la Lega e Salvini. L’unica che può illudersi di essere in salute è Giorgia Meloni ma perché è fuori da questo governaccio”.
Sempre negativo dunque il suo giudizio sull’esecutivo guidato da Mario Draghi?
“Si tratta di un brutto governo molto spostato a destra che tradisce le aspettative che avevano determinato il terremoto del 2018 dal quale ci si aspettava un cambiamento. Qui è tutto come prima, anzi peggio di prima. Su tutti i fronti – lavoro, ambiente, grandi opere, Ilva, diritti dei cittadini, povertà – c’è un’accelerazione del cattivo ordine precedente”.
Un’ultima domanda. Cos’è successo a Grillo?
“Forse quella energia che gli ha permesso di mettere in moto questo ciclone gli sta lavorando contro. Forse si tratta di un fenomeno naturale: l’incapacità di condividere le responsabilità. Ma per capirlo bisognerebbe essere uno psicologo e io sono un politologo”.