Cingolani è avvisato. Spegnere subito l’area a caldo dell’ex Ilva. Basta proroghe ad Arcelor. Vianello (M5S): “Va tenuta solo la lavorazione a freddo come si è fatto a Genova”

Giovanni Vianello, deputato M5S, membro della Commissione Ambiente e tarantino doc, non ha dubbi sul futuro dello stabilimento ex Ilva.

Cingolani è avvisato. Spegnere subito l’area a caldo dell’ex Ilva. Basta proroghe ad Arcelor. Vianello (M5S): “Va tenuta solo la lavorazione  a freddo come si è fatto a Genova”

Giovanni Vianello, deputato M5S, membro della Commissione Ambiente e tarantino doc, non ha dubbi sullo stabilimento dell’ex Ilva: “Bisogna seguire a Taranto il modello Genova con la chiusura dell’area a caldo”.

Il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza che avrebbe fermato l’area a caldo.
“Tra i vari argomenti che la Corte utilizza ce n’è uno che periodicamente ritorna. Il fatto è che c’è un’Autorizzazione integrata ambientale, un’Aia, che è stata ampliata con un piano ambientale ed entrambi sono diventati legge. Dunque per legge quest’Aia è il bilanciamento dei diritti costituzionalmente garantiti: salute e lavoro. La realtà è ben diversa, come dimostra la Valutazione del danno sanitario redatta dall’Arpa, dall’Asl e dall’Aress fatta su richiesta dell’allora ministro Sergio Costa con il riesame dell’Aia cominciato nel 2019. Costa ha chiesto che venisse fatta la valutazione sanitaria non secondo i principi del decreto ministeriale seguito ai decreti salva Ilva, ma secondo i principi di una legge regionale che valuta i danni in maniera preventiva. Ebbene è emerso che il rischio di ammalarsi è concreto e che lo stabilimento per come sta andando avanti non è compatibile con la salute umana e con il territorio. Il problema è che il decreto salva Ilva rende legge un’Aia”.

E questo cosa significa?
“Che la strada della continuità produttiva è stata ed è tuttora sbagliata: bisogna fare a Taranto quello che è stato fatto a Genova con la chiusura dell’area a caldo”.

L’operatività dell’area a caldo è legata all’insorgere di gravi patologie.
“Lo ha detto anche la magistratura nell’ordinanza del 2012 di sequestro dell’area a caldo perché, si sostiene, crea eventi di malattia e morte nella popolazione e soprattutto in età pediatrica. I decreti salva Ilva vogliono ridare facoltà d’uso a un impianto sequestrato senza facoltà d’uso. Questa è stata la prima deformazione”.

Ma cosa dice in sostanza la sentenza?
“Dicono che l’ordinanza è carente dei presupposti per cui dev’essere emanata. Ma non è la magistratura amministrativa che decide se un impianto debba andare avanti o meno. Spetta alla politica, che a livello governativo ha già scelto di continuare. L’unica strada percorribile che ha avuto successo è quella di chiudere l’area a caldo, com’è stato fatto per l’area siderurgica di Genova. Bisogna emulare quell’accordo di programma anche a Taranto. Solo in questo modo noi garantiamo la salute e l’ambiente, il reddito e l’occupazione. C’è poi una questione di giustizia sociale e di uguaglianza: i tarantini non sono da meno dei cittadini di Genova o di Trieste”.

Quale l’atteggiamento del governo?
“Da parte del governo vedo la solita ignoranza in materia, nel senso che si continua sulla strada intrapresa nel 2012 con il primo decreto salva Ilva, ovvero la strada della continuità produttiva senza se e senza ma. Quell’Aia che doveva essere completata nel 2015 è stata posticipata e ora siamo al 2023. E col Pnrr probabilmente verrà prorogata di altri anni. Contestualmente a Taranto si è creato un conflitto sociale. E ancora: nel Pnrr si butta 1 miliardo per l’Ilva quando poteva essere messo per le bonifiche. Senza considerare che anche Invitalia, il partner pubblico, investirà un altro miliardo. Dobbiamo evitare che si mettano anche i soldi pubblici per continuare a inquinare”.

Cosa chiede il M5S al governo?
“Ai ministri Giancarlo Giorgetti e Roberto Cingolani ribadiamo che la chiusura dell’area a caldo è imprescindibile. E aggiungiamo anche un’altra cosa”.

Cosa?
“Mittal ha chiesto altre proroghe sulla batteria n.12 della cokeria che doveva essere spenta il 30 giugno di quest’anno. Una cosa che non sta né in cielo né in terra. Dunque chiediamo a Cingolani di non rilasciare la proroga. E chiediamo che, qualora non venisse spenta la batteria, sia sanzionato il gestore”.

E ora che fare?
“La nostra battaglia per la chiusura dell’area a caldo continua. Il Parlamento ha già dimostrato nel 2019 di rispettare la Costituzione e la salute togliendo l’immunità penale. Ora deve chiudere questa vicenda di ingiustizia sociale. E dirò di più”.

Prego.
“Mai è stata dimostrata la strategicità dello stabilimento di Taranto. Ci sono 39 siti che producono acciaio in Italia. È falso, poi, che tutta la produzione dell’Ilva sia per l’Italia. In più l’ex Ilva rappresenta un anti-brand per Taranto. Senza questa ingombrante presenza avremmo un territorio molto più attrattivo”.