La grandeur berlusconiana non si smentisce mai: se Matteo Salvini lancia la federazione lui va oltre e rilancia con l’idea di un partito unico con dentro tutte le forze della coalizione di centrodestra, esclusa Coraggio Italia del fu delfino Giovanni Toti: dalla Lega a Fratelli d’Italia tutti insieme appassionatamente. Il modello, secondo quanto avrebbe spiegato il Cavaliere ai suoi nel corso di una riunione Zoom del gruppo di FI al Parlamento europeo, sarebbe quello del Grand Old Party negli Usa, come anticipato qualche giorno fa dal coordinatore azzurro Antonio Tajani, quando aveva detto che il sogno del grande capo sarebbe quello “di dare vita a un grande partito conservatore liberale riformista e garantista (un po’ troppa roba forse…ndr), sul modello del partito Repubblicano statunitense, in vista delle politiche del 2023”.
Con tanto di manifesto politico, sulla falsa riga di quello stilato da Silvio Berlusconi per la discesa in campo nel 1994 – archeologia politica, insomma -, quello di ieri è stato un annuncio in stile ‘predellino bis’, che diede vita a quella che poi si rivelò essere un’esperienza fallimentare, ovvero il Partito delle Libertà che inglobò Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, costituito come federazione in vista delle elezioni politiche del 2008, per trasformarsi in seguito in un soggetto politico unitario con un congresso fondativo nel 2009. E sappiamo come è andata finire: un dualismo logorante fra i due leader Berlusconi e Fini culminato col noto “Altrimenti che fai, mi cacci?”, con tanto di ditino alzato.
Ora, senza arrivare a tanto, è stata comunque dura e netta la frenata ‘preventiva’ arrivata a stretto giro da Salvini: “Nessuno sta parlando di partiti unici. Un conto è collaborare, federare, un conto è mischiare i partiti dalla sera alla mattina. Gli italiani dopo un anno di sofferenza non ci chiedono giochini politici ma fatti: salute, lavoro, riaperture. Fondare nuovi partiti non credo che serva e interessi nessuno”. Il leader della Lega – intervistato a Stasera Italia su Rete 4 – infrange così le pie illusioni di Silvio. Amen.
Meglio evitare: del resto il rischio che in un partito unico, fra primedonne, si potesse verificare se non uno scontro diretto quantomeno una convivenza tumultuosa è assai realistico. Basti pensare alla rivalità fra i due protagonisti attuali del centrodestra, Salvini e Giorgia Meloni. E qui si arriva al dunque: Berlusconi che lancia il partito unico lo fa per ritagliarsi nuovamente un ruolo da protagonista? In quale veste, quella del ‘padre nobile’?
E ancora, cui prodest un’operazione del genere? Ovviamente non alla leader di FdI, che ha scelto di posizionarsi con successo nel campo sovranista e di fatto, per quell’elettorato, sta prendendo il posto del Capitano che ora deve trovare una nuova strada, attraverso un’operazione strategica di riposizionamento: da qui il suo progetto di federazione con FI sia per farsi rappresentante di quella parte di Paese ‘moderata, liberale, riformista, conservatrice’ di cui parla Tajani (e, in prospettiva, accaparrarsene i voti), sia per accreditarsi in Europa (e non solo) come leader del fronte di centrodestra contrapposto ai progressisti, ma niente di più.
Berlusconi invece si è detto convinto che anche quest’ultima debba essere della partita, ma la risposta è ovviamente scontata e anche ieri il responsabile dell’Organizzazione di FdI Giovanni Donzelli ha ribadito che, da parte loro, sono “Pronti a collaborare con gli alleati di centrodestra che appoggiano il governo per sostenere le proposte in linea con i programmi della coalizione, ma il partito unico non avrebbe senso né per noi né per gli elettori”.