Sulla lotta all’evasione fiscale si torna all’antico: dalle spese per il mutuo a quelle per l’affitto, dalla gestione di un’autovettura sino alle spese mediche, per i figli a scuola e per l’università, per le bollette, per i consumi telefonici e gli abbonamenti alla pay tv tutto potrebbe tornare sotto la lente del Redditometro. Al dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia ci stanno lavorando, anche attraverso una consultazione con le categorie sullo schema di decreto con gli elementi dai quali ricostruire la capacità contributiva dei contribuenti a partire dal 2016.
L’accertamento di questo strumento, che si avvale anche di medie Istat per le spese alimentari e per l’abbigliamento, scatterebbe con uno scostamento del 20%. Nell’idea di partenza sono previste, tra l’altro, 55 diverse tipologie di famiglie tipo. Ma per quanti livelli si possa determinare, la rigidità di questo modello potrebbe determinare come in passato molti errori sull’effettiva capacità di reddito dei cittadini.
TROPPO NERO. Che si torni al Redditometro o no, il tema della fedeltà contributiva resta centrale per il funzionamento dello Stato. Ad oggi l’entità dell’evasione fiscale “è un’indecenza”, ha detto venerdì scorso il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini (nella foto), ad un’iniziativa della Fp-Cgil sul fisco. Un’indecenza da estirpare in quanto il tax gap (cioè la differenza tra le imposte che vengono effettivamente incassate dalle amministrazioni fiscali e quelle che si incasserebbero in un regime di perfetto adempimento spontaneo alla legislazione esistente) è passato dagli 88 miliardi del 2011 a 79 miliardi nel 2018. Troppo poco, dunque.
Per Ruffini la strada di una maggiore capacità nella riscossione è intrapresa e la digitalizzazione sta dando i suoi frutti, ma la montagna dell’evasione fiscale si sta solo scalfendo, non demolendo. Inoltre – ha aggiunto Ruffini – la partita fisco-contribuenti è impari. Gli uffici hanno risorse limitate, pari a 32mila addetti, mentre solo le partite Iva sono 5 milioni.
Il direttore delle Entrate ha anche detto che la riscossione non funziona, perché il legislatore non ha mai fornito al servizio le norme per farla funzionare. E se la riscossione non funziona, uffici finanziari e Guardia di Finanza non potranno mai sconfiggere l’evasione fiscale. Per questo, ha concluso Ruffini, è più urgentemente di qualunque altra misura una riforma del sistema della riscossione, perché è questa che renderebbe credibile anche l’accertamento.