Matteo Renzi sembra uno di quei personaggi toscani da commedia all’italiana che ne sparano grosse con l’accento maremmano. È più forte di lui, non sa resistere. Ecco quindi che ieri se ne esce all’Aria che tira su La 7 con un’altra delle sue: “Penso che il M5S sia finito”.
Per Renzi i 5Stelle sono finiti, ma l’unica moribonda è Italia Viva
E poi ancora su Giuseppe Conte: “Capire se Conte ha un futuro politico o no, se lo voteranno, è uno dei temi che mi interessa meno in assoluto”. Insomma Renzi che non esiste più politicamente – Italia Viva è si e no al 2% – grazie ad una serie di corbellerie (eufemismo) che è riuscito ad inanellare a partire dal referendum sulla riforma costituzionale per giungere alla caduta del governo Conte, si permette di dire al principale partito in Parlamento che è finito. Siamo al bullismo.
Poi l’attacco all’ex premier che lui ha voluto far fuori a tutti i costi perdendo il ruolo di ago della bilancia che aveva nel suo governo. Assomiglia un po’ a quei mariti che si tagliano gli attributi per far dispetto alla moglie. Senza contare che tra guai giudiziari e sprofondamento nei sondaggi Renzi dovrà trovarsi un lavoro una volta finito il mandato e non è detto che riesca tramite i soliti intrallazzi a diventare un pezzo grosso della Nato, carica per cui sbava da anni. Questo perché, anche all’estero hanno cominciato a capire che Renzi di destra, molto di più di Berlusconi e forse di Salvini.
Dall’alto del suo 2% Matteo spara ogni giorno sul Movimento. Invidia?
È una quinta colonna opportunistica che è riuscito a insediarsi a sinistra. È lui infatti che ha abolito l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, smantellando le residue tutele di chi lavora. Negli Usa Renzi sarebbe un Repubblicano ed è perfettamente inutile che posti sui social le sue foto con Obama nella vana speranza di rifarsi una verginità ormai sacrificata all’altare del potere. Renzi che accusa i Cinque Stelle di populismo è poi il massimo. Il primo populista della storia patria è stato proprio lui quando per fare carriera si inventò “rottamatore” del suo spesso partito.
E che cos’è la rottamazione se non il più vieto populismo? Con questa tattica fece fuori D’Alema, Bersani, Fassino e Veltroni salvo poi dare del “populista”, come insulto, agli altri. Subito accorse in un suo aiuto, aiutando al volo il vincitore -per citare Ennio Flaiano- un’altra piccola rottamatrice che ha avuto sorte migliore: Debora Serracchiani ancora in voga nel partito. Renzi, dopo le note vicende arabe e di incontri con le barbe finte, sta diventando inquietante per la democrazia. Forse il Capo dello Stato, che per condivisibile aplomb istituzionale si tiene lontano, dovrebbe intervenire.