di Angelo Perfetti
La diplomazia prende il posto delle bombe. Almeno per ora. Dal Vecchio continente all’America, dalla Russia alla Cina è tutto un intrecciarsi di appuntamenti bilaterali e decisioni interne. Ieri il presidente Barack Obama ha incontrato una delegazione bipartisan del Congresso per discutere di un eventuale attacco alla Siria. Anche se il gruppo ha dato l’appoggio a Obama e il presidente si è detto “fiducioso” la situazione all’interno del Senato e della Camera è tutt’altro che chiara. Secondo l’emittente americana per approvare l’intervento al Senato servono 51 voti. Per ora 20 politici sono a favore, 8 contrari, 27 indecisi e 45 non hanno espresso alcuna opinione. Anche alla Camera la situazione è in divenire: servono 218 voti. Solo 16 politici sono a favore, 47 sono contrari, 193 gli indecisi e 183 non hanno espresso un’opinione.
Il summit di Pietroburgo
In un primo momento al centro del summit mondiale di San Pietroburgo dovevano esserci i temi della crescita e delle politiche di sviluppo. Per l’Italia si tratta dell’ennesima occasione di porre sul tavolo la questione disoccupazione, in una sorta di linea di continuità dopo le conclusioni del Consiglio europeo di giugno e del G8 in Irlanda. Ma la crisi siriana ha cambiato il programma, perlomeno è quanto ci si aspetta dal G20 che prenderà il via domani. Anche se ufficialmente sia Russia che Stati Uniti negano che il dossier su Damasco sia nell’agenda dei lavori.
La frenata dell’Onu
Ban Ki-moon ha invitato nuovamente alla prudenza perché teme che un intervento armato in Siria, come quello che gli Usa intendono effettuare, benché limitato, possa peggiorare la situazione nel Paese ed indebolire ulteriormente le chance già deboli di una via d’uscita diplomatica. “Dobbiamo considerare l’impatto di qualsiasi misura punitiva sugli sforzi tesi a prevenire ulteriori carneficine e a facilitare una soluzione politica del conflitto”, ha dichiarato il segretario general dell’Onu.
La difesa di Assad
Il rappresentante siriano presso le Nazioni Unite, Bashar Jaafari, intervistato dalla Cnn ha detto che “quello che dicono i rapporti della Gran Bretagna, della Francia, degli Stati Uniti non possono essere presi seriamente, non sono credibili, perché questi tre governi sono fortemente coinvolti nella crisi siriana e appoggiano i gruppi dei ribelli.
Il consiglio di sicurezza dell’Onu dovrebbe giudicare i risultati di quei rapporti” , aggiungendo che “bisogna studiare anche le prove secondo cui i gruppi di ribelli hanno usato le armi chimiche”.
L’equivoco dei missili
Israele svela il mistero dei due missili rilevati nel Mediterraneo da Mosca, ma di cui non si riusciva a rintracciare né la provenienza, né la destinazione precisa. “Sono nostri – ha detto il ministero della Difesa dello stato ebraico – si tratta di un test missilistico condotto insieme agli Stati Uniti”. Il ministero ha spiegato che alle 6,15 Gmt (le 8,15 italiane) è stato lanciato un solo missile (e non 2 come comunicato da Mosca) .
L’emergenza umanitaria
La tragedia umanitaria siriana è la crisi peggiore dai tempi del Vietnam: a lanciare l’allarme è l’Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, avvertendo che il numero di profughi ha superato quota 2 milioni. Di questi, più della metà sono bambini, molti dei quali profondamente traumatizzati. E il flusso non si ferma, ma anzi peggiora, con una media di 5mila siriani che continuano a scappare ogni giorno dal Paese, secondo quanto riportano le statistiche dell’Unhcr. E la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente in caso di intervento militare americano. A questo proposito, l’agenzia delle Nazioni Unite ha fatto sapere di avere pronto un piano per far fronte a un improvviso aumento dei rifugiati siriani nei Paesi vicini. “Ciò che sconvolge è che il primo milione è fuggito dalla Siria in due anni. Il secondo milione in sei mesi”, ha commentato Guterres, puntando il dito contro il rapido aggravarsi della situazione.