Dopo un anno di pandemia e con le attività che hanno funzionato a singhiozzo, fa rumore l’ultimo report dell’Inail (qui i dati) che fotografa un Paese in cui, incredibilmente, anziché diminuire, aumentano i morti sul lavoro rispetto ai dodici mesi precedenti. Si tratta di numeri pesanti, ritenuti provvisori dall’Inail stesso, che sembrano andare contro ogni logica perché le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto, quest’ultimo guidato da Massimo De Felice, tra gennaio e aprile sono state 306, ovvero 26 in più rispetto alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020, quindi con un incremento del 9,3%.
Può sembrare un dato tutto sommato normale e in linea con le segnalazioni pervenute nel primo quadrimestre 2019, quando si verificarono 303 eventi mortali, con la piccola differenza che in quel periodo non si sono registrati rallentamenti generalizzati dell’attività produttiva come quelli resi necessari nel 2020 dalle misure di contenimento della pandemia. Ancor più delicato, come sottolinea lo stesso Inail, è il confronto tra il 2020 e il 2021 per il quale è necessaria cautela “in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia”.
In particolare, continua l’Inail, le denunce di contagi Covid con esito mortale presentate nel marzo scorso sono state in molti casi tardive e quindi verranno conteggiate solo nelle prossime rilevazioni e così appare chiaro che il dato del primo trimestre potrebbe apparire addirittura migliore di quanto realmente non sia. Ma c’è di più. Nel rapporto l’Istituto evidenzia anche che “i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un più o meno lungo periodo di tempo intercorso dalla data del contagio”. L’incremento dei morti sul lavoro, rileva l’Inail, ha riguardato tutti i grandi settori economici.
Nell’industria e nei servizi le vittime sono state 10 in più (da 253 a 263 denunce) rispetto all’anno precedente, così come nell’agricoltura che sale da 15 a 25. Tra i dipendenti pubblici si contano 18 decessi, 6 in più del primi trimestre 2020. A livello geografico le vittime crescono nel Nord-Est (da 51 a 66 casi mortali), nel Centro (da 44 a 56) e nel Mezzogiorno (da 62 a 87). Diminuiscono, invece, nel Nord-Ovest (da 104 a 80) e nelle Isole (da 19 a 17).
Andando più a fondo nei dati si scopre che l’aumento delle vittime ha coinvolto sia i maschi (da 256 a 277), sia le femminile (da 24 a 29 casi). In controtendenza, invece, le denunce totali di infortunio sul lavoro che comprendono anche quelle con esito non fatale. Di queste fino ad aprile scorso ne sono state depositate all’Inail 171.870, in lieve diminuzione (-0,3%) rispetto al primo quadrimestre del 2020. Ma il dato è fuorviante perché se nei primi due mesi dell’anno le denunce sono state il 12% in meno dell’anno prima, tra marzo e aprile il numero dei sinistri è salito del 17%.