Ci risiamo. Se ci fosse Giorgio Forattini lo disegnerebbe con gli stivaloni e il dollaro in mano. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, parlando all’inaugurazione dell’hub italiano di Gaia X, progetto di gestione dati europeo, si è lamentato, ormai lo fa giornalmente, per l’ultima bozza della direttiva Ue sulla plastica monouso richiedendo l’intervento del commissario all’economia Paolo Gentiloni.
Il capoccia di Confindustria ha proseguito imperterrito: “Il testo è fortemente pregiudizievole nei confronti dell’industria italiana, di quella tedesca e dell’intera industria europea. Credo che la impropria, ingiustificata e sproporzionata applicazione della direttiva potrebbe sottoporre l’industria italiana ed europea a un’interpretazione giuridicamente infondata, del tutto inaccettabile per gli interessi nazionali”.
A parte che non si capisce l’interesse di Bonomi per la manifattura tedesca che è nostra concorrente, il succo è che – come al solito – Confindustria vuole inquinare con la plastica fregandosene dell’ambiente e delle direttive Europee. Ma non solo. Quando via dell’Astronomia se la vede brutta, da liberista torna improvvisamente statalista, punta i piedi e chiede l’intervento di “mamma” Stato che come al solito ha le sembianze di Paolo Gentiloni che dovrebbe nei suoi desiderata venire a togliergli le castagne dal fuoco in Europa. Troppo facile caro Bonomi.
Le industrie italiane sono graciline, nella stragrande maggioranza incapace di competere sul mercato internazionale, drogate come sono dagli aiuti di Stato in cambio di occupazione. Dopo l’attacco al ministro Andrea Orlando che aveva osato proporre un posticipo del blocco dei licenziamenti ora Bonomi torna a chiedere, cosa che gli riesce molto bene. La sua figura sta diventando francamente ingombrante per la stessa Confindustria che rischia, alla lunga, do venire danneggiata dalla irruenza e dal dirigismo bonomiano che qualche girono fa voleva abolire il codice degli appalti e puntare al massimo ribasso.
Perché i partiti restano e Draghi resta, gli si potrebbe ricordare per evitare fra qualche mese a Bonomi di recarsi con il cappello in mano a chiedere aiuto a chi prima attaccava. E poi c’è la questione etica. Dopo la vicenda della funivia – e ancor prima del ponte Morandi – abbiano visto che gli imprenditori pensano solo al profitto e non certo alla sicurezza e così ora Bonomi vorrebbe libertà di inquinare per aiutare le sue aziende. Ma l’ambiente è un bene pubblico che va tutelato e rispettato e non certo piegato agli interessi industriali.
Il caso dell’Ilva è emblematico in tal senso. Ma ci sono tante “Ilve” in giro per l’Italia, frutto dell’avidità commerciale di chi pensa solo al profitto. Confindustria, per un certo periodo, aveva fiutato l’aria di soldi e si era lanciata nel business del green, e fu l’epoca della sospetta riconversione industriale di Eni ed Enel al verde, con una pletora di industrie e industriette al seguito. Ed ora, stranamente, visto che il Recovery Fund mette l’ambiente al primo posto, dobbiamo assistere a queste storie penose sulla plastica che inquina e fa male.
Le aziende straniere si sono veramente riconvertite al verde e qui in Italia dobbiamo assistere a un ministro dell’Ambiente, Roberto Cingolani, che ancora non sblocca l’importantissima commissione Aia (scaduta da tredici anni!) e cerca di indebolire la fondamentale commissione Via, Valutazione impatto ambientale, peraltro decimata dagli abbandoni, provocando le rimostranze di tutte le associazioni ambientaliste e del leader dei Verdi Bonelli. Ministro Roberto Cingolani se si occupa un pochino di ecologia si faccia sentire sulla plastica. Come dire, ci rassicurerebbe.
Dall’archivio: Bonomi ordina, Draghi esegue. Il ministro ombra di Supermario. La Confindustria riesce a fare e disfare sui licenziamenti.