Il nome è tetro e ricorda quello dei cattivi di turno nei film di cappa e spada. Klevis Gjoka è coordinatore del IV municipio e responsabile commercio e lavoro di Forza Italia Giovani Milano. È lui che ieri l’ha fatta grossa non resistendo al fascino letale di Twitter e, in generale, dei social. Parla delle vittime, ma anche dei gestori dell’impianto della funivia del Mottarone “costretti alla fame da regole assurde e tanto disperati all’idea di dover ritardare ancora la riapertura da arrivare a voler riaprire ad ogni costo, anche della sicurezza”.
Intanto non è affatto vero che i gestori fossero “costretti alla fame”, anzi. Il fatturato era superiore a 1,6 milioni € l’anno e in più ricevevano un contributo di 130.000 € l’anno dal Comune di Stresa, che a questo punto deve prendersi la sua parte di responsabilità.
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Inoltre si segnalano utili nel 2020, anno della pandemia, per oltre 440.000 €, in aumento rispetto a quelli dell’anno precedente che erano di 350.000 €. L’amministratore unico della società, Luigi Nerini – chiamato in causa dal dipendente Gabriele Tadini – percepiva un appannaggio di 100.000 €. Insomma la funivia del Mottarone era una vera gallina dalle uova d’oro, altro che “costretti alla fame” come l’improvvido Gjoka salmodiava sul social! I tre fermati, l’altro è Enrico Perocchio, da quanto emerge dalle prime ricostruzioni e raccontato dal Pm di Verbania Olimpia Bossi, avevano disattivato i freni di emergenza per potere continuare a fare corse e tutti lo sapevano in azienda.
“Che vuoi che capiti?”
“Che vuoi che capiti?”, era il mantra che circolava tra chi doveva curarsi della pubblica sicurezza. Ed infatti quando il cavo di acciaio si è spezzato i freni di emergenza erano disattivati per motivi economici, in una cabina che già aveva dato problemi. Detto questo torniamo al giovine Gjoka che pensava probabilmente di “giocare” quando ha postato il Tweet poi prontamente rimosso. Non prima però che fosse salvato e cominciasse a girare per tutta la rete provocando ulteriore indignazione e sconcerto.
L’equazione che fa questo genio in erba della politica è che se ci sono le condizioni “perché se non si guadagna” si deve riaprire ad ogni costo, anche della sicurezza. Capito in che mani siamo? In che mani sono i cittadini e quale alta “filosofia” imprenditoriale anima i virgulti dell’ex Cavaliere che dovrebbe almeno cacciarlo a pedate dal suo partito e se non lo fa vuol dire che condivide quanto l’improvvido ha scritto. Questo ricorda molto la visione della vita dei manutentori del Ponte Morandi crollato a Genova insieme alle sue vittime o a chi brindava al terremoto per potere ricostruire. La gente è stufa, ora basta. Imprenditori con il sedere degli altri e politici cinici devono essere messi definitivamente al bando.
Questi sono fuori di destra
E nel dramma della funivia del Mottarone non poteva mancare Maria Giovanna Maglie che su La7 trova usbergo per spararne un’altra delle sue. Inizia con la solita litania che “gli imprenditori sono dei cretini” e poi t’ammolla il solito “ma”. Potremmo definire il “maismo” la malattia senile del maglismo. Infatti prosegue come il Gjoka: “Non ci sono finora i soldi per una manutenzione seria perché non si è guadagnato un centesimo”. E quindi, sentenzia, ci vuole “uno sguardo lucido e laico”.
Ecco uno “sguardo lucido e laico” indurrebbe ad utilizzare uno strumento “laico” inventato durante la Rivoluzione Francese e cioè la ghigliottina, ma fortunatamente per loro i tempi sono cambiati… E quindi siamo costretti, dopo la tragedia e con la paura di prendere anche un semplice autobus, ad ascoltare queste nefandezze, questi patetici tentativi di parare il colpo, di capire, se non addirittura di proteggere i responsabili e i loro esegeti “un tanto al voto” da quella che è già stata definita la “strage dell’avidità”.