“Il Tar del Lazio ha accolto il nostro ricorso e ha annullato l’ordinanza con cui il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, imponeva a Roma Capitale di indicare una discarica dentro la città. Si tratta di una vittoria per tutti i cittadini e tutti i territori che, da troppi anni, pagano scelte scellerate calate dall’alto. Ora la Regione Lazio non ha più alibi”. È quanto ha scritto in un post sulla sua pagina Facebook la sindaca di Roma, Virginia Raggi.
“Dopo la chiusura della discarica di Malagrotta nel 2013 – ha aggiunto la Raggi parlando ancora della decisione del Tar sulle ordinanze della Regione – non sono mai state costruite valide alternative, neppure nell’ultimo, insufficiente, piano rifiuti regionale. A questo si aggiunge le chiusura di diverse discariche e impianti del Lazio, uno dei quali al centro dell’indagine che ha portato agli arresti della responsabile della direzione Rifiuti della Regione Lazio, per ipotesi di corruzione. Questi sono i fatti”.
“Le soluzioni esistono. Alcune di esse – scrive ancora la sindaca della Capitale – sono state individuate nel nuovo piano industriale di Ama, che prevede anche la realizzazione di nuovi centri di trattamento meccanico-biologico: impianti che non sono stati realizzati prima anche per i pesanti ritardi nell’approvazione del Piano Rifiuti della Regione Lazio.I giudici hanno sgomberato il campo da ogni alibi. Non si può fare politica su un tema cosi’ delicato, sulle spalle dei cittadini. E’ arrivato il momento che la Regione collabori per cercare soluzioni fattibili e concrete”.
Dall’archivio: La Raggi contro la discarica di Zingaretti. A Roma riparte la guerra dei rifiuti. Il governatore rilancia l’impianto di Rocca Cencia. No della sindaca che chiede di valutare l’impatto ambientale.
“Con sentenza breve – scrive il tribunale amministrativo del Lazio -, adottata nella camera di consiglio del 25 maggio e depositata oggi (n. 6274/2021) il Tar del Lazio ha annullato l’ordinanza della Regione Lazio dello scorso 1° aprile con cui si ordinava a Roma Capitale di adottare e trasmettere, entro 30 giorni, un piano impiantistico ai fini dell’autosufficienza in termini di trattamento, trasferenza e smaltimento dei rifiuti, recante anche l’impegno a realizzare una rete integrata e adeguata di impianti. I giudici amministrativi hanno osservato che la complessa attività di gestione del corretto ciclo dei rifiuti richiede una attività sinergica ad opera di tutti gli Enti preposti alla cura di un settore così delicato, attività che è prefigurata e disciplinata per i diversi livelli di governo del territorio da disposizioni di legge nazionale e di legge regionale”.
“Come pure hanno rilevato l’assenza – allo stato – della redazione, pur doverosa, di un piano impiantistico volto a garantire l’autosufficienza nella gestione rifiuti del sub-ATO di Roma Capitale. E, tuttavia, lo strumento adoperato dalla Regione, quello cioè dell’ordinanza contingibile e urgente è apparso, al giudice della legittimità, non correttamente esercitato nel caso di specie. Se è vero, infatti, che l’ordinanza contingibile e urgente in tema di rifiuti può essere legittimamente adottata, ai sensi dell’art. 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006, solo per “consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti” e che ha un contenuto normativamente prestabilito, ne consegue che esso non può essere utilizzato per altre finalità. E dunque non per disporre un’attività di tipo programmatorio e pianificatorio”.
La definizione di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento di rifiuti “non integra, infatti, una speciale e temporanea “forma di gestione dei rifiuti”, necessaria ad affrontare e risolvere una situazione eccezionale e non prevedibile. Lo stesso Tribunale, infine, ha richiamato in sentenza l’art. 13 della legge regionale n. 27 del 1998, recante la disciplina della gestione dei rifiuti, che attribuisce alla Regione il diverso (rispetto all’ordinanza contingibile e urgente) strumento dell’esercizio del potere sostitutivo in caso di omessa adozione, da parte dei Comuni e delle Province (nella specie, la Città metropolitana), di atti obbligatori previsti dalla legge. A tanto è conseguito quindi l’annullamento dell’ordinanza regionale, con salvezza ovviamente degli ulteriori provvedimenti che la Regione vorrà adottare”.