Dopo mesi e mesi di ritardo, finalmente sono stati comunicati e pubblicati i dati relativi alle cosiddette “auto blu” a disposizione delle amministrazioni pubbliche. Si dirà: merito di Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, che ha finalmente provveduto alla pubblicazione di un report ad hoc, come prescrive la legge. E in parte è senz’altro vero: per mesi chi l’ha preceduto, la pentastellata Fabiana Dadone, non è riuscita suo malgrado a giungere ad alcun dossier.
Il Covid, si sa, ha creato uno stallo senza precedenti rallentando numerose attività, pubbliche e private. Che sia, però, diventato un alibi per le amministrazioni meno solerti a onorare i vari doveri cui sono chiamate, è forse troppo. Questo, però, è quanto accaduto con i vari rinvii del censimento. I ritardi e i rinvii, causa Covid, sono stati clamorosi: di mese in mese il dipartimento ha prorogato i termini del censimento. La prima scadenza era fissata al 30 settembre, poi slittata al 23 novembre, quindi a dicembre, infine al 2021.
L’ultimo avviso istituzionale pubblicato era più che chiaro: “In considerazione del protrarsi dell’emergenza sanitaria covid – 19 il censimento è prorogato fino al 15 maggio 2021”. Con calma, quindi. Fa niente se siamo già nel 2021. Bene, dunque, ha fatto Brunetta a riprendere in mano le redini della trasparenza sulle auto di servizio in forza alle pubbliche amministrazioni. Il problema, però, è che i dati vengono presentati in forma lievemente parziale. Partiamo dal titolo che campeggia sul sito istituzionale: “Auto blu, ripartito il censimento: nel 2019 calo del 23,4%”.
A conti fatti, tutto vero: secondo l’ultima rivelazione le vetture sarebbero 25.668, ben al di sotto delle 33.527 dell’anno precedente. Quanti enti hanno però comunicato i dati? Ed è qui che sorge un problema che la nota – e lo stesso dossier – evitano forse di sottolineare a dovere. A rispondere sono stati decisamente meno enti: 7.074 su 10.150 complessivi (il 70% del totale), rispetto agli 8.365 del 2018 (82,3%; nel 2017 erano stati ancora meno: il 67,7). In altri termini: sì c’è un calo evidente, ma ci sono anche 1.291 enti in meno che hanno comunicato i dati al dipartimento per la Funzione pubblica. Ergo: dire che si registra un calo del 23,4% di auto è, di fatto, vero solo in parte.
I BUCHI. Non che questo, ovviamente, sia colpa di Brunetta, ci mancherebbe. Il ministro, anzi, ha il merito di aver accelerato col monitoraggio, tanto da aver promesso anche la pubblicazione a stretto giro (entro giugno) dei dati 2020, cosa che consentirà di comprendere effettivamente l’andamento del parco-auto in forza allo Stato. Senza dimenticare un altro aspetto: il report non brilla particolarmente in fatto di trasparenza. Almeno in confronto al dossier relativo alle auto blu in servizio nel 2018.
Analizzando i dati odierni, infatti, sappiamo che ha risposto al monitoraggio il 100% delle amministrazioni dello Stato e delle agenzie fiscali, seguite dal 93% delle Città metropolitane, dall’86% delle Province e dall’85% dei Comuni capoluogo. Gli altri Comuni hanno risposto invece al 71%. Il dossier realizzato al tempo dalla ministra Giulia Bongiorno, invece, consentiva di analizzare nel dettaglio la quantità di auto in servizio per ogni singolo ente e, soprattutto, di avere anche la possibilità di scorrere la lista di quelle amministrazioni che non avevano affatto risposto al dipartimento e, dunque, non avevano comunicato alcun dato. Ora il ministro lo sa. Confidiamo a questo punto nel report 2020.