Sembrava che con la nomina a procuratore di Roma di Michele Prestipino, il Csm avesse voltato pagina dopo lo scandalo dell’ex pm Luca Palamara e i conseguenti veleni tra toghe. Peccato che proprio quella nomina, finita al centro di due ricorsi da parte dei suoi sfidanti, è stata annullata dal Tar del Lazio e dal Consiglio di Stato che hanno riaperto la corsa all’eredità di Giuseppe Pignatone. Una partita in cui vuole tornare protagonista il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola (nella foto), che ieri ha invitato ufficialmente, attraverso i suoi avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, il Consiglio superiore della magistratura a riattivare, in esecuzione alle pronunce del giudice amministrativo, “il procedimento volto alla nomina del Procuratore della Repubblica di Roma”.
Nell’istanza il magistrato, inizialmente indicato come il favorito ma la cui nomina si arenò dopo la deflagrazione dello scandalo degli incontri carbonari di Palamara, chiede che si proceda “a sottoporre al plenum le proposte originariamente formulate dalla V Commissione in data 23.05.2019”. “Infatti, per effetto delle pronunce del giudice amministrativo, è stato annullato il ‘Provvedimento con il quale, nella seduta del 19.09.19, la Quinta Commissione del Csm, ha disposto la revoca della proposta originariamente formulata a favore dell’odierno ricorrente e conseguentemente sono stati annullati tutti gli atti successivi che hanno poi portato alla nomina di Prestipino” spiegano i legali di Viola.
Un iter che, sempre secondo Viola, deve ripartire il prima possibile perché “sussistono evidenti ragioni di celerità tali da imporre una rapida riattivazione del procedimento” a partire dal fatto che “le sentenze di annullamento del giudice amministrativo sono autoesecutive, producono cioè l’effetto immediato della cessazione dell’incarico annullato, senza bisogno della mediazione di ulteriori atti del Csm”. A spingere Viola a dare il via a quello che appare come un braccio di ferro con l’organo di autogoverno delle toghe è stata la decisione di quest’ultimo che intende attendere la decisione del Consiglio di Stato sul ricorso, per certi versi analogo, presentato dal procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi.
Una determinazione che a Palazzo dei Marescialli ritengono necessaria perché solo allora la Quinta Commissione del Csm avrà tutti gli elementi per riesaminare la vicenda alla luce delle sentenze pronunciate e quindi effettuare una nuova proposta, per il ruolo di procuratore di Roma, da sottoporre al voto del plenum.
INCHIESTE E VELENI. A tormentare le toghe italiane non c’è solo il risiko delle procure. I maggiori grattacapi, infatti, provengono dalla delicata vicenda dei verbali dell’ex consulente legale di Eni, Piero Amara, in cui si parla della presunta loggia Ungheria. Fatti per i quali ieri è stato sentito, dalla Procura di Brescia, il pubblico ministero di Milano, Paolo Storari, su cui pende l’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio. Un’audizione attesa da tempo e durata oltre 4 ore, al termine delle quali l’avvocato Paolo Della Sala, difensore di Storari, ha rivelato che il proprio assistito ha risposto a tutte le domande “e chiarito la propria posizione”.
In particolare, stando a quanto rivela il legale, nel corso dell’interrogatorio è stata ricostruita la verità di Storari, a partire dagli scontri con il procuratore Francesco Greco che lo convinsero a rivolgersi, per autotutelarsi, all’allora consigliere Piercamillo Davigo che, a suo dire, era “persona autorizzata” a ricevere i verbali secretati e che, per giunta, “si era assunto la responsabilità”.