Il mare calmo e il clima mite non sono certamente agognati con finalità vacanziere dai tanti, sempre troppi, migranti che sulle nostre coste vedono l’approdo ad una vita in cui i diritti umani siano riconosciuti e rispettati. Ovviamente, non tutti fuggono dalla guerra (come accade con i libici) e molti lasciano il proprio paese (Tunisia, Costa D’Avorio, Bangladesh) con in tasca solo il sogno di un futuro economico migliore per se stessi e per le proprie famiglie. Attraversano il mare sapendo di poter morire in quelle acque, ma qualsiasi cosa è percepita come preferibile alla disperazione che li affligge nei loro paesi natii.
Anche noi italiani siamo stati un popolo di migranti e vivificare la memoria è un esercizio consigliato oggi più che mai. L’oggettiva drammaticità delle cause che spingono queste persone (p-e-r-s-o-n-e) a emigrare non rende l’Italia un paese immediatamente in grado di accoglierle nel rispetto della loro dignità (dimensione prioritaria dell’accoglienza), ma ci costringe invece a sbattere contro i limiti del nostro sistema europeo di solidarietà, redistribuzione e rimpatri. Limiti che vanno superati attraverso il consolidamento – ad esempio – dell’accordo di Malta e in sede comunitaria.
FACILE PROPAGANDA. Preso atto di un problema innegabile – e per chi avesse qualche dubbio basta guardare ciò che sta accadendo in queste difficili giornate a Lampedusa e Ventimiglia – scopriamo che la soluzione urlata da chi vuol combattere l’immigrazione illegale sedendo sui comodi scranni dell’opposizione è affetta proprio dal vizio di illegalità. Un po’ come quando la cura tanto millantata si rivela peggio della malattia. Mi riferisco al “blocco navale”, sempre attuale mantra della “ducetta” di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che prevederebbe conseguenze ben più gravi della situazione in cui siamo. Chiariamo subito cosa sia, perché probabilmente anche i sostenitori di questa seria operazione militare non ne sono a conoscenza. E se ne sono, la cosa è ancor più preoccupante.
COSA DICONO LE NAZIONI UNITE. Il blocco navale è un’azione militare finalizzata a impedire il transito – in entrata come in uscita – di navi militari e mercantili dai porti di un paese. È disciplinato dal diritto internazionale, nello specifico dall’articolo 42 dello statuto delle Nazioni Unite e, stando alle norme vigenti, l’adozione del blocco navale comporterebbe che tutti i natanti che forzano il blocco siano condotti in un porto del paese che ha imposto il blocco stesso. Dunque, venite pure in Italia migranti! Inoltre, l’attivazione unilaterale del blocco navale è prevista solo nei casi di guerra, aggressione e legittima difesa mentre in tutti gli altri – immigrazione inclusa – è illegale, come ci ricorda il diritto internazionale e il citato articolo 42 dello statuto delle Nazioni Unite.
DI MALE IN PEGGIO. Insomma si propone di contrastare l’immigrazione clandestina con un’azione che è tanto inutile, se non peggiorativa, quanto illegale. Anziché provare a collaborare a una soluzione “umana ed equilibrata” la Meloni preferisce collezionare poltrone (deputata, presidente dei conservatori europei e consigliera comunale a Roma) che mai potrà occupare con impegno e dedizione, a meno che non sia ubiqua. L’assenteismo è il comune denominatore dei suoi incarichi istituzionali, assieme alle impraticabili ricette politiche di cui sopra. In un periodo tanto delicato come quello che viviamo sarebbe più utile un’opposizione più seria ed emancipata dalla bulimia di consenso che va sempre a braccetto, come noto, con la miopia politica.