Gianluigi Paragone è un uomo che ha un profondo rancore contro i suoi ex amici e cioè la Lega Nord e i Cinque Stelle. Dai primi ottenne la direzione del quotidiano di Bossi, La Padania, e dai secondi l’elezione al Senato dopo una riconversione forse anche tardiva. Con entrambi è finita male. Anzi, malissimo. È curioso che in entrambi i casi Paragone accusi gli ex di aver tradito gli ideali mentre lui se ne sarebbe mantenuto puro custode.
Da quando è uscito dai Cinque Stelle è salito agli onori della cronaca parlamentare per aver presentato un emendamento per togliere l’obbligatorietà vaccinale sul personale sanitario. Una norma sciocca e pericolosa che non ha avuto per fortuna seguito come le interrogazioni che continua a sfornare a riprova del suo scarsissimo peso specifico, nonostante abbia fondato il movimento ItalExit cercando di cavalcare il trumpismo proprio quando questi scompariva nelle inquietanti immagini dello sciamano di Capitol Hill.
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In una intervista uscita ieri su la Verità definisce, poco signorilmente, i Cinque Stelle composto da “pezzenti culturali”. Ma, il bersaglio dell’ex direttore, pare più l’antico amore e cioè quella Lega che lo lanciò. Da quando Matteo Salvini appoggia il governo di quasi unità nazionale di Mario Draghi, Paragone si è scatenato attaccandolo ultimamente perché non ha votato la sfiducia al ministro della Sanità Speranza, vedendo in questo una volontà di non disturbare il manovratore e cioè lo stesso Draghi.
Fatto sta che gli antichi sovranisti barricadieri, Paragone e Salvini, sono ai ferri corti e se il leghista ha la tendenza ad ignorare i suoi diuturni sfoghi così non è appunto per il sovranista rimasto senza sovrano, visto che nel Parlamento è completamente isolato e difficilmente riuscirà ad essere rieletto vista l’assoluta marginalità elle idee che con livore continua a proporre.
È anche abbastanza impressionante come l’Italia, laboratorio del sovranismo mondiale, sia rapidamente mutata nel suo esatto opposto nella medesima legislatura e questo, al di là degli interessi partitici, getta luci sulla solidità di pensiero politico non tanto nel nostro elettorato quanto nei suoi rappresentanti – come Paragone – che, in pratica, hanno provato di tutto passando dal gialloverde, al giallorosso ed infine all’arcobaleno.