di Gaetano Pedullà
Neanche il tempo di godersi i titoloni dei giornali. L’abolizione dell’Imu sembrava aver messo al sicuro il governo e ieri mattina si parlava apertamente di elezioni ormai scongiurate, di Palazzo Chigi che mangiava già il panettone e magari pure la colomba pasquale. E invece ecco che prima l’Europa ci ricorda che siamo una colonia: parla il commissario Olli Rehn e ci avvisa che a Bruxelles sanno fare i conti; i soldi per togliere l’Imu senza mettere nuove tasse non ci sono e mai Roma si sogni di sforare il tetto del 3% del deficit (come invece hanno fatto abbondantemente altri Paesi). Non bastasse, poi arriva il vice ministro all’Economia, Fassina, e avverte che per togliere l’Imu dovremo subire l’aumento dell’Iva. Apriti cielo! Esplode la polemica e i falchi Pdl – quelli che il panettone a Letta proprio non vogliono farlo mangiare – ripartono all’attacco. Ora, uscendo dal Consiglio dei ministri erano stati il premier Letta, il vice premier Alfano e lo stesso titolare del Tesoro, Saccomanni, a garantire che l’Imu del 2013 veniva cancellata senza introdurre nuove imposte (per il 2014 arriverà la Taser, che si annuncia già più cara della tassa sulla casa appena tolta). Se il giorno dopo una tale promessa spunta un vice ministro, e tra l’altro esponente di punta del Pd, principale partito di governo, e ci dice che non è vero niente, che per togliere una tassa se ne dovrà per forza aumentare un’altra, allora in un Paese normale o si dimette il capo dell’esecutivo o si dimette il viceministro. Noi però non siamo un Paese troppo normale. E allora vai con la nuova giostra del governo sulle montagne russe, oggi apparentemente solido e domani altrettanto apparentemente sull’orlo della crisi. Forse ai grandi partiti della coalizione più pazza del mondo va bene così. In questo modo tutti contano qualcosa e nessuno conta niente. Le riforme tanto possono aspettare. Più in basso di così c’è ancora da scavare.