Dossier, verbali riservati e plichi anonimi. Continua a creare scalpore il caso che sta causando l’ennesimo terremoto nella magistratura italiana, tanto da interessare già quattro procure con distinte e parallele indagini, e per il quale si preannunciano possibili provvedimenti disciplinari.
A occuparsi della valutazione di eventuali profili sanzionabili, come concordato dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia che si è detta molto preoccupata per gli sviluppi della vicenda, sarà il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi (nella foto) che dovrà valutare eventuali responsabilità inerenti i verbali di Amara e i dossier al Consiglio superiore della magistratura.
Così mentre il caso si arricchisce di un nuovo capitolo, con i riflettori della disciplinare che si sono accesi sui magistrati coinvolti, ad andare avanti sono soprattutto i lavori della Procura di Perugia, guidata dal procuratore Raffaele Cantone, che in queste ore è impegnata nella ricostruzione dei rapporti tra le varie persone indicate nei verbali dell’avvocato Piero Amara. Nel fascicolo, inizialmente aperto dalla Procura di Milano e trasferito per competenza ai colleghi umbri, viene ipotizzato il reato di associazione segreta, in relazione alla presunta loggia Ungheria che sarebbe stata capace di condizionare le nomine al Csm e perfino altri settori dello Stato, e calunnia.
Un’inchiesta spinosa e delicata finita sul tavolo dei pubblici ministeri Gemma Miliani e Mario Formisano, gli stessi che hanno già condotto l’inchiesta a carico dell’ex consigliere del Csm Luca Palamara, che al momento sono di riscontri o smentite ai presunti rapporti tra i personaggi indicati da Amara. Il legale avrebbe indicato una rosa di 74 persone, tra politici, imprenditori e magistrati, che farebbero parte dell’organizzazione segreta anche se alcuni di questi, come già trapelato, sono stati depennati perché è stata certificata la loro estraneità.
Tra chi avrebbe appoggiato la loggia Ungheria, ad esempio, Amara indicava il consigliere del Csm Stefano Ardita ma si tratta di un falso che lo stesso magistrato ha già chiarito, documenti alla mano, ai pm umbri facendo notare che Amara gli attribuiva amicizie con personaggi con cui era in aperto contrasto e che lo stesso ex consulente legale di Eni nelle dichiarazioni lo indicava come pm a Catania nel 2006 quando in realtà era già al Dap di Roma.
ALTRO GUAIO PER AMARA. Del resto appare complicato fidarsi ciecamente delle dichiarazioni di Amara, il quale in passato ha patteggiato a 2 anni e 8 mesi per corruzione in atti giudiziari, ed è considerato l’uomo che per i pm ha messo in piedi la vicenda del depistaggio dell’indagine Eni in cui si alludeva a un presunto complotto creato contro l’allora vertice del cane a sei zampe, Claudio Descalzi.
Credibilità del presunto testimone che appare incrinarsi ancor di più perché ieri all’ex consulente legale del cane a sei zampe è stato notificato un nuovo avviso di conclusione indagini per concorso in millantato credito e traffico di influenze illecite. Questi i reati che la procura di Perugia contesta ad Amara e anche all’avvocato Giuseppe Calafiore, per la vicenda del presunto pagamento di 30 mila euro all’ex funzionario dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna Loreto Francesco Sarcina.
Denaro in cambio del quale, secondo i pm umrbi, l’ex 007 aveva assicurato ai due legali di potersi avvalere di personale dell’Agenzia e della polizia giudiziaria per reperire informazioni sulle indagini in corso nei loro confronti presso le procure di Roma e di Messina.