Sembra tutt’altro che chiusa la partita sui vitalizi ai condannati che sono stati riabilitati – o che lo saranno a breve – a seguito dell’annullamento della delibera Grasso del 2015. Contro la decisione della Commissione contenziosa di Palazzo Madama, oltre al Movimento 5 Stelle che da giorni dà battaglia, a scendere in campo è Elisabetta Serafin, segretario generale del Senato, che ha impugnato l’atto davanti al Consiglio di Garanzia.
Partita riaperta su Formigoni. C’è il ricorso sul vitalizio
Nel ricorso che La Notizia ha potuto visionare si legge che “l’appellante Amministrazione chiede che, previa sospensione cautelare della sua efficacia, la decisione numero 664 della Commissione contenziosa del 13 aprile 2021, depositata il 14 aprile 2021 e resa esecutiva in pari data, sia annullata e/o riformata”. In particolare viene sottolineata, nelle 14 pagine dell’atto, “la contraddittorietà della motivazione della decisione” in quanto “codesto eccellentissimo Consiglio di Garanzia ha definitivamente statuito con la decisione numero 225 del 10 aprile 2019”, “la legittimità” della delibera del 2015 firmata dall’allora presidente del Senato Pietro Grasso, “sulla cui base è cessata l’erogazione dell’assegno vitalizio al Senatore Formigoni”.
Tuttavia “la Commissione contenziosa ha inteso come fatto nuovo e sufficiente a consentirle di discostarsi” da questa decisione “la sopravvenienza delle ordinanze delle Sezioni Unite civili della Corte Suprema di Cassazione numero 18.265 e 18.266 dell’8 luglio 2019 con le quali è stata affermata la natura previdenziale dell’assegno vitalizio degli ex parlamentari”. Proprio sulla base di questo verdetto, la Commissione ha ritenuto non conforme alla Costituzione “la perdita degli stipendi, delle pensioni e degli assegni di altra natura, a carico dello Stato o di altro ente pubblico, per effetto di condanna penale che comporti interdizione dai pubblici uffici”.
Le motivazioni contraddittorie
La stessa decisione con cui è stata annullata la delibera Grasso è stata presa anche richiamando “l’attuale vigenza dell’articolo 18-bis” della legge che ha istituito il Reddito di Cittadinanza che prevede “la sospensione dei trattamenti previdenziali solo e unicamente per i soggetti condannati a pena detentiva con sentenza passata in giudicato per gravi reati” o “per ogni altro delitto” con pena definitiva non inferiore ai due anni di reclusione “ma solo nel caso in cui si siano volontariamente sottratti all’esecuzione della pena”.
Peccato che secondo la Serafin tali motivazioni siano a dir poco contraddittorie. Nell’impugnazione, infatti, viene affrontato il nodo della natura previdenziale dell’assegno vitalizio degli ex parlamentari che “non si evince dalla portata letterale delle ordinanze” della Corte Suprema di Cassazione del luglio 2019. Queste, infatti, “si limitano ad affermare che il cosiddetto vitalizio rappresenta la proiezione economica dell’indennità parlamentare per la parentesi di vita successiva allo svolgimento del mandato” ma sulla natura previdenziale o meno dei vitalizi “non specifica nulla di più”.
Botta e risposta
Insomma che qualcosa non abbia funzionato nella decisione della Commissione contenziosa appare evidente che non lo pensa solo il Movimento 5 Stelle che, comunque, continua a dare battaglia. Lo sa bene l’ex senatore Roberto Fomigoni, su cui grava una condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi per corruzione e che proprio dal suo ricorso è stato decretato l’annullamento della delibera Grasso, che da giorni sferza i grillini con dichiarazioni roboanti. L’ultima ieri quando si è detto “assolutamente sorpreso dalle polemiche che ho trovato del tutto strumentali” e che “provengono da una sola parte, il Movimento 5 stelle che sta perdendo tutte le sue battaglie e ora perde anche quella contro Formigoni. Se ne facciano una ragione”.
A rispondergli per le rime è stato il senatore del M5S, Gianluca Perilli, che ha affermato: “Se, come dice Formigoni, il Movimento 5 stelle è l’unica forza politica che contesta il ripristino del suo vitalizio, vuol dire che siamo gli unici a combattere una battaglia per i principi della legalità, dell’equità sociale e dell’etica pubblica nelle istituzioni”. Il grillino ha poi concluso spiegando che “non accettiamo lezioni da chi è stato condannato in via definitiva per corruzione ai danni della sanità e di tutti i cittadini della Lombardia” assicurando di essere “fieri di portare avanti questa battaglia, anche da soli” nonostante “siamo certi che tutti i cittadini sono con noi” e di voler vedere “se ci sarà un secondo grado di giudizio” e in caso “come andrà a finire”.