Via libera del Parlamento al Def e allo scostamento da 40 miliardi (leggi l’articolo). L’extra-deficit servirà a finanziare il nuovo decreto Imprese o Sostegni bis che vedrà la luce solo dopo che il governo avrà chiuso la partita del Recovery plan. Il primo decreto Sostegni, ovvero la prima manovra economica varata dall’esecutivo Draghi, ha prodotto ristori insufficienti e distribuiti in maniera disuguale che hanno provocato un’ondata di proteste da parte delle attività produttive. Ora, con il nuovo decreto, ai ristori dovrebbero andare 20 miliardi o poco di più rispetto agli 11 del precedente.
Il governo cerca di correre ai ripari studiando un nuovo meccanismo, in base al quale distribuire i nuovi indennizzi, che non faccia infuriare le attività produttive. Tutte le categorie (artigiani, commercianti, industriali, piccole imprese) che sono state ascoltate nel corso delle audizioni sul Def hanno chiesto che venga preso in considerazione anche il criterio dei costi fissi. Un impegno di cui si è fatto carico pure il premier quando, dopo aver riconosciuto che il criterio adottato nel primo provvedimento (ovvero quello del fatturato) ha suscitato “perplessità” in tanti per vari motivi, ha annunciato che il prossimo decreto conterrà anche un altro parametro che riguarda l’utile. Con il quale però i tempi si allungherebbero.
Per una corretta individuazione delle perdite effettive, infatti, bisognerebbe attendere i dati dei bilanci o delle dichiarazioni dei redditi. Possibile che si lasci agli operatori economici la scelta a quale criterio aderire: se quello del fatturato oppure all’altro che tiene in considerazione anche i costi sostenuti dalle aziende. Un’indicazione in questo senso arriva dal sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon. “Il decreto di prossima approvazione conterrà nuovi contributi a fondo perduto compresa una compensazione per i costi fissi e destinerà risorse al rafforzamento della resilienza delle aziende più colpite dalle chiusure, alla disponibilità di credito e alla ripatrimonializzazione delle imprese”, ha spiegato.
Attenzione ai costi fissi è quanto chiede anche la risoluzione di maggioranza sul Def votata in Parlamento. Ma per il governo scoppia la grana sulla norma Fraccaro. Nella risoluzione di maggioranza che accompagna il Def il M5S ottiene che venga inserita la richiesta al governo per la proroga del superbonus almeno fino a tutto il 2023. Nelle bozze del Recovery plan questa proroga, sostengono i 5Stelle, non risulta possibile. Secondo quanto si ricava dalle tabelle allegate al Piano, per il superbonus del 110% per le ristrutturazioni green e antisismiche ci sono in tutto 18,5 miliardi (10,26 miliardi dai fondi Ue e 8,25 dal fondo complementare). Ma tale somma non è considerata sufficiente dal Movimento, perché quelle risorse sono le stesse già disponibili per la copertura della misura al 2022.
“Ora l’obiettivo di cui il governo deve farsi carico è quello di arrivare almeno fino a fine 2023: per farlo servono altri 10 miliardi almeno, oltre ai 18 complessivi già disponibili. L’esecutivo metta al più presto a disposizione queste risorse: su questo punto il M5S sarà irremovibile”, affermano, sempre a proposito del superbonus, i deputati Riccardo Fraccaro (nella foto), Luca Sut e Patrizia Terzoni. Che tradotto significa che il Piano, qualora rimanesse così com’è, non sarebbe “votabile” per il Movimento. Che trova come alleato, in questa battaglia, anche Confindustria: “Il superbonus 110% è una misura che consente di raggiungere gli obiettivi di transizione ecologica previsti dal Pnrr”, non prorogarlo “sarebbe un gravissimo errore”, dichiara il vicepresidente Emanuele Orsini.