Molti lettori mi chiedono di tornare sulla curiosa querelle che riguarda i (presunti) diritti relativi ad un vecchio programma RAI, “La storia siamo noi”. Secondo alcuni, la RAI – durante la mia gestione come capo azienda e nel quadro degli importanti eventi per la celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia – avrebbe ceduto dei diritti relativi a quel programma e che ora vorrebbe/dovrebbe riacquistare.
In realtà la RAI, né ora né allora, ha ceduto alcunché ma ha solo riconosciuto all’autore i diritti sui testi a suo tempo ideati atteso che la titolarità dei diritti di utilizzazione economica dell’opera nel complesso spetta sempre e comunque alla RAI stessa che è l’unica che può autorizzare la diffusione. Quindi nessun regalo ma una clausola che rientrava (e rientra) pienamente nella prassi di settore e nel diritto comune.
Vero è che il materiale non è utilizzabile (né, a maggior ragione, vendibile) senza il consenso di RAI (che peraltro ne ha già moltissimo nelle sue Teche) così come senza il consenso dell’autore. Da qui l’ovvia rationale della clausola che spingeva le parti verso una auspicata rinegoziazione per la quale concedeva ben dieci anni di tempo (dieci anni!, un tempo infinito per contratti di questo tipo). Da allora in Rai si sono succeduti quattro diversi capo azienda e tre diverse consiliature e nessuno ha ritenuto di farlo.
E qui c’è l’unico punto davvero interessante di tutta questa strana querelle: perché nessuno in oltre dieci anni ha riaperto questo tavolo? Ma perché, con tutta probabilità, nessuno ha mai chiesto niente. E questo non perché il materiale sia di scarso interesse ma perché in questi anni è esplosa anche da noi la Rete, il Web, You Tube ecc. dove tutto è rintracciabile e utilizzabile sempre e comunque senza riconoscere il diritto d’autore o d’immagine e quindi senza chiedere nulla a nessuno.
Questo – e lo dico da Delegato italiano alle proprietà intellettuale nominato dall’allora Ministro degli Esteri D’ Alema e sinora sempre rinnovato – è, purtroppo, un dato di fatto. La Rete, come ben sanno i lettori di questa Rubrica, è tutt’ora un Far West dove, fatti salvi gli interessi ipermiliardari delle Over The Top (le imprese “Sopra a Tutto”: Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft), tutti possono fare e ottenere quello che vogliono ed utilizzarlo come credono senza, di fatto, incorrere in alcun rischio legale.
Stiamo tutti pagando l’errore fatto molti anni fa dalle autorità di settore americane: la FCC (Federal Communications Commission, il regolatore indipendente del sistema della comunicazione USA) si è sempre rifiutata di inquadrare la Rete alla stregua del mondo Telecom astenendosi, così, da ogni intervento. La storica e, purtroppo, ben nota scarsa efficacia degli organismi sedi della cooperazione multilaterale ha fatto il resto. E così, tornando al nostro quesito, la Rete è diventata di fatto (anche se non di diritto) un mega archivio universale che oscura e svaluta il senso ed il contenuto di programmi come quello di cui si sta parlando.