di Nicoletta Appignani
I loro volti non si conoscono, sono coperti dai passamontagna neri perché la loro identità resti segreta. Sono gli agenti delle squadre catturandi della Polizia di Stato, uomini e donne che rischiano la vita ogni giorno per dare la caccia ai boss della criminalità organizzata. Eroi che però da un anno le missioni se le finanziano di tasca propria. A denunciare la vicenda è Felice Romano, Segretario Generale del Siulp, il Sindacato italiano dei lavoratori della Polizia di Stato: “Tutte le attività di indagine in svolgimento sono pagate dagli agenti. Prima hanno diminuito il budget a disposizione, poi hanno bloccato i rimborsi previsti”.
Caccia al boss
Tra le operazioni per le quali si attendono ancora i pagamenti ci sono quelle della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo. In particolare si parla della caccia a Matteo Messina Denaro: boss di Cosa nostra, 51 anni, 20 dei quali trascorsi da latitante. Un uomo cresciuto nella mafia, criminale dall’età di 18 anni e ritenuto il “capo dei capi” dal 2006, dopo l’arresto di Provenzano. A lui la Catturandi di Palermo dà una caccia serrata e per Cosa nostra non è certo un mistero. Per questo nel 2010 la moglie di un ispettore viene fermata per strada con una scusa, da tre uomini in auto. “Signora, può darci un’informazione?”. Uno di questi scende dalla macchina, si avvicina. In mano tiene alcune fotografie. “Che bei mariti, che belle famiglie avete”. Poche parole, nessuna minaccia. Non serve aggiungere altro, perché quelle immagini parlano chiaro: sono le foto del marito della donna e di altri tre uomini della sezione Catturandi di Palermo. Già, perché i volti coperti dai passamontagna con la mafia spesso non bastano.
Le conseguenze dei tagli
Missioni rischiose, quelle di questi agenti, sempre di fronte alla criminalità organizzata, a uomini che non perdonano e non dimenticano. Tutto per uno stipendio che si aggira sui 1300 euro al mese. E adesso parte di questi soldi viene reinvestito nel lavoro. Da settembre 2012, infatti, dei rimborsi neanche l’ombra, così come delle ore di straordinario. E senza soldi a disposizione, a rimetterci sono gli agenti come i cittadini: perché le attività investigative ne risentono inevitabilmente. I ritmi rallentano e a ringraziare di questa spending review che non risparmia neanche la sicurezza è la malavita. Non solo. All’orizzonte si prospetta un altro problema: quello dei giubbotti antiproiettile in dotazione ai poliziotti. Uno strumento indispensabile per la difesa degli agenti. A disposizione ce ne sono 60 mila. Tutti in scadenza.
Attentati e salvaguardia
Neanche una settimana fa, a Genova, una volante è stata vittima di un agguato in stile anarco-insurrezionalista: prima la segnalazione di un ordigno, poi l’attacco vero e proprio. Tutto questo nel pieno centro cittadino. Nel mirino la pantera della Polizia, accorsa sul posto in seguito a un allarme bomba nel palazzo di giustizia. L’ordigno non c’era ma la trappola sì: improvvisamente, infatti, il mezzo della squadra è diventato il bersaglio di due bombe-carta. Niente di grave, fortunatamente: gli agenti sono rimasti illesi e il veicolo non ha riportato danni. Eppure episodi come questi non sempre finiscono bene. Per questo spaventa ancora di più la questione dei giubbotti antiproiettile: “15 mila scadranno alla fine di quest’anno – spiega Felice Romano – gli altri ad aprile 2014. Il più economico costa 1000 euro e dovranno ricomprarne ben 60mila”. Il calcolo è semplice: si tratterà di una spesa da 60 milioni di euro, che la Polizia attende di sapere se verranno stanziati. Perché mentre il servizio delle scorte non accenna a diminuire, la sicurezza degli agenti e dei cittadini sta andando a picco.