Le 67 aree individuate dalla Sogin per realizzare il deposito unico nazionale delle scorie sono solo una base per avviare un dialogo con i territori. Molte cose potrebbero ancora cambiare e tali siti, considerati idonei per la realizzazione del deposito appunto, potrebbero diminuire o aumentare. Lo ha specificato ieri l’amministratore delegato della società che gestisce gli ex impianti nucleari in Italia, Emanuele Fontani (nella foto), in audizione nelle Commissioni riunite ambiente e attività produttive della Camera.
L’Ad di Sogin ha specificato che c’è un elemento di fondamentale differenza tra quello che è un deposito nucleare provvisorio e quello che è un deposito definitivo, in quanto il primo è un luogo dove i rifiuti non sono condizionati secondo quattro barriere, e quindi c’è un’azione umana continua di manutenzione e verifiche, con costi importanti e la necessità di una costante sorveglianza, mentre il secondo “è sicuramente preferibile in termini di sicurezza, ambientali, radiologica, anche di security, ma soprattuto in termini di forte riduzione dei costi rispetto al fatto di avere 20 siti sul territorio nazionale”.
Il numero uno di Sogin Fontani ha poi aggiunto che i 67 siti candidati ad ospitare il deposito nucleare nazionale sono stati individuati sulla scorta dei dati storici disponibili, ma più di qualcosa intanto potrebbe essere cambiato e che come territorio “il Lazio è sicuramente il più interessante perché baricentrico sul territorio nazionale”, assicurando però che le aree delle vecchie centrali nucleari non sono ottimali per il deposito trovandosi vicino a corsi d’acqua o al mare.