Marco Revelli, politologo e ordinario all’Università del Piemonte Orientale, che giudizio dà di Enrico Letta quale nuovo segretario del Pd?
“Letta si sta rivelando un democristiano qual è sempre stato. Non credo che con questo stile possa rianimare un partito così gravemente ammalato com’è il Pd e portare una ventata di energia positiva in politica”.
Il leader dem ha incontrato Matteo Renzi: ha fatto bene?
“Questi giochi di relazione con protagonisti di una politica ampiamente deteriorata- qual è Renzi – non danno segnali positivi. Anzi forniscono segnali algidi, poco radicati nella carne e nel sangue che fa della politica una sfera appassionante. Renzi è una di quelle figure che in una politica seria non devono essere prese in considerazione. Nel suo curriculum ci sono troppe mancanze di parola a cominciare dal comportamento verso Letta. Dal segretario del Pd mi sarei aspettato un’umana presa di distanza da una figura del genere”.
In cosa sta sbagliando il segretario del Pd?
“Il Pd manca di una propria identità sociale e di una chiara vocazione. Letta – che è pure personalità di alto profilo – ha giocato molto sull’immagine. Ha insistito sulla questione di genere ma ha finito col sostituire in Parlamento a due capibastone di corrente due alter ego femminili. Il che non cambia la logica correntizia di quel partito. Ha giocato molto su un tema altamente civile come lo ius soli ma in un contesto in cui non è realizzabile. C’è poi il discorso surreale sul voto ai 16enni di cui è noto il sovrano disinteresse per la politica. Le risposte importanti sulle questioni sociali che contano – il Jobs act, lo Statuto dei lavoratori, la remunerazione del lavoro dipendente, l’Ilva soprattutto – non sono arrivate”.
Giuseppe Conte si è presentato agli eletti M5S. Come giudica il suo debutto?
“E’ uno dei pochi che in Italia presenta un profilo di serietà politica nelle proposte. Alcune molto valide come il binomio ecologia-giustizia sociale. E poi l’importanza di coniugare democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Mi pare che si sia candidato a svolgere un ruolo pedagogico nei confronti dei 5Stelle (che ne avrebbero molto bisogno) riconoscendone la positività della carica dirompente delle origini e coniugandola con i suoi compiti attuali. Certo anche Conte ha i suoi non detti. Ha taciuto su come il Movimento di quella straordinaria carica innovativa iniziale abbia perso grossi pezzi. E anche da parte sua silenzio su Taranto”.
Il governo appare in ritardo sul Recovery plan.
“La storiella che è stata diffusa dagli editorialisti dei principali giornali secondo cui Mario Draghi, con la sua penna biro, avrebbe in pochi giorni scritto il Recovery plan era una storiella perché i
miracoli in politica non esistono. Una vulgata, infine, che nuoce allo stesso premier. In un paese che non ha seri rappresentanti sociali, sia di imprenditori sia di lavoratori, costruire il progetto
del futuro è missione impossibile. Ne uscirà il solito minestrone nel quale prevalgono i grandi interessi e il resto rimane nelle retrovie. Tant’è che sono cominciate le proteste in piazza”.
Se questo ritardo fosse stato accumulato dal governo dell’avvocato?
“Avrebbero crocifisso Conte e anche Domenico Arcuri se questi avesse seguito la tabella di marcia del generalissimo Figliuolo. Il genio della logistica militare quando poi deve operare su medici e ospedali si accorge che la tuta mimetica non gli è molto utile”