Passano le udienze per la scarcerazione di Patrick Zaki (leggi l’articolo) ma il copione resta sempre lo stesso. La Corte d’assise del Cairo ha rinnovato oggi altri 45 giorni di detenzione per il ricercatore egiziano dell’Università Bologna. E come se non bastasse è stata inoltre respinta la richiesta, presentata ieri dalla difesa del giovane, di un cambio dei giudici che seguono il caso.
Che anche questo delicato e atteso appuntamento giudiziario non fosse nato sotto i migliori auspici è apparso chiaro sin dalla mattina di ieri quando la polizia, contrariamente a quanto accaduto nelle udienze precedenti, ha impedito l’ingresso in aula dei diplomatici di Italia, Francia, Canada e Stati Uniti. Così in un clima surreale è andata in scena l’ennesima riunione dei giudici del Cairo per esaminare la vicenda del giovane 29enne che è detenuto nel carcere di Tora, senza la benché minima prova, da ben 14 mesi.
Peccato che nonostante gli appelli della comunità internazionale e soprattutto dell’Italia, i giudici hanno fatto sapere che prenderanno una decisione forse oggi stesso o comunque in settimana. Parole che hanno fatto saltare sulla sedia i difensori dello studente con l’avvocato Hoda Nasrallah che ha ribadito come il proprio assisto si trova in “pessimo stato psicologico” e per questo non ha nascosto il proprio pessimismo sulla futura decisione. Motivo, questo, per il quale il legale ha presentato richiesta di ricusazione del collegio giudicante in quanto vede nei continui rinnovi della detenzione “un ingiustificato accanimento giudiziario” che non cambierà finché i giudici resteranno questi.
DETENZIONE INFINITA. Così dopo mesi di battaglia giudiziaria, la vicenda Zaki continua a restare un rebus impossibile da decifrare. A dispetto del pressing dell’Italia e dell’Unione europea, l’Egitto continua a tirare dritto dopo che in passato ha già più volte prolungato la detenzione dello studente di Bologna che si trova in carcere preventivo da oltre un anno. Quel che è certo è che il ragazzo è stato arrestato agli inizi di febbraio 2020 al rientro in Egitto per una normale visita alla famiglia.
Atterrato al Cairo, però, stato bloccato dagli agenti che lo hanno portato in caserma con l’accusa di propaganda sovversiva e istigazione al terrorismo in relazione a una quindicina di post comparsi su Facebook. Brevi messaggi che Zaki ha sempre negato di aver scritto e che, a suo dire, sarebbero stati scritti da altri per incastrarlo creando un account falso. Ma nonostante ciò le autorità del Cairo hanno tirato dritto e lo hanno immediatamente messo in cella, sostanzialmente sulla base di semplici indizi, senza dargli alcuna possibilità di difendersi in un’aula di tribunale. Ma c’è di più. Per questi reati il giovane rischia una condanna fino a 25 anni di reclusione.
CITTADINANZA ITALIANA. Nella speranza di aumentare la pressione sulle autorità egiziane, il Movimento 5 Stelle rilancia la proposta di concedere a Zaki la cittadinanza. Sabato la senatrice Michela Montevecchi ha depositato una mozione in Parlamento, firmata da una settantina di colleghi pentastellati. Secondo la 5S è il caso di “valutare l’ipotesi di applicare la Convenzione Onu del 1984 contro la tortura alla luce di quanto accade dentro le prigioni del presidente al-Sisi”. “A livello simbolico”, conclude la Montevecchi, “l’obiettivo della mozione è spingere il governo a essere portatore attivo di ingerenze nei confronti del regime egiziano sul fronte dei diritti umani”.