di Gaetano Pedullà
Sul sito internet della Notizia non ne troverete traccia. Ma una delle storie di cui si parlava di più ieri nel mondo era la vicenda di un’adolescente fotografata a un concerto del rapper Eminem, in una contea irlandese, mentre faceva sesso orale con due ragazzi. La scena, davanti a centinaia di persone, viene fotografata e inevitabilmente finisce nel grande telegiornale planetario dei social network. In poco tempo è tutto un inviare e rinviare le stesse foto, scatenando un’ondata di voyeurismo e di commenti sessisti. L’hashtag #slanegirl dilaga, la ragazza viene individuata e dopo la gogna mediatica finisce in ospedale. In passato troppi casi analoghi sono finiti anche con un gesto estremo. Facebook, Twitter, Instagram, Tumblr rimuovono le immagini, altri siti invece no. Ma non sta nella sensibilità di chi decide di pubblicare e chi no che risiede il problema. Internet ci mostra un mondo che c’è, spesso molto meno virtuale (e virtuoso) di quanto sembri o di quanto vorremmo che sia. Senza fare moralismi, il vero scandalo non è neppure nel gesto della ragazza, appena diciassette anni e già abbandonata a esperienze estreme come il sesso in pubblico e con due coetanei contemporaneamente. Il senso più grande di poche foto che scatenano un dibattito tra milioni di persone in ogni angolo del pianeta (la forza di Internet!) sta nel desiderio di umiliazione, nel bullismo esasperato da un tam tam virale che si trasforma in micidiale cyberbullismo, nei rigurgiti di un maschilismo che pure quando scorre carsico risale a galla spinto dall’anonimato della Rete. Giusto dunque dibattere quanto vogliamo sulla privacy, sul diritto all’oblio che il web non concede quasi mai a chi è un personaggio pubblico o a chi commette gesti considerati più o meno giustamente eclatanti. Ma guai a prendercela con la Rete e non vedere che il sessismo, il bullismo, il razzismo, l’intolleranza stanno nelle nostre comunità. Il male è tra noi, non solo nel web.