Prima l’accusa di autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure. Ora anche l’ipotesi che la firma della madre di Attilio Fontana con cui è stato aperto il fondo a Lugano è falsa. Il dubbio è stato sollevato da una consulenza grafologica chiesta dalla Procura di Milano, guidata dal procuratore Francesco Greco. Che indaga sul capitale ereditato dal governatore dalla madre con il sospetto, tutt’altro che celato, che possa nascondere un’evasione fiscale.
C’è pure una firma falsa nella storia del conto alle Bahamas di Attilio Fontana
Ipotesi questa che, anche se trovasse conferme, sarebbe prescritta. Quel che è certo è che la firma ritenuta falsa sarebbe quella con cui l’anziana madre del presidente della Lombardia, nel 2005, ha aperto il conto in Svizzera. Con circa 2,5 milioni ritenuti sospetti dai magistrati meneghini. La stessa firma è riportata in calce sui documenti allegati nel 2015 dal governatore alla voluntary disclosure. E, già nei prossimi giorni, sarà comparata con quella apposta in calce nei rapporti bancari originali dalla signora e con quelle del figlio.
Questo, infatti, è uno degli accertamenti che la procura di Milano intende fare al più presto. Ed è anche in base a tale step investigativo che i pubblici ministeri Luigi Furno, Carlo Scalas e Paolo Filippini, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, hanno inviato la rogatoria internazionale. Dove, tra le altre cose, hanno chiesto alle autorità elvetiche la documentazione originale con cui la madre di Fontana 16 anni fa ha attivato, presso la sede Ubs di Lugano, quella posizione.
La rogatoria e i soldi di Attilio Fontana in Svizzera
Richiesta che, a quanto trapela, le autorità svizzere sarebbero pronte a esaudire inviando i documenti relativi all’apertura del conto mentre non è affatto scontato che vengano forniti anche gli estratti conto. I quali, invece, possono essere messi a disposizione del cliente del rapporto bancario. Proprio quest’ultimi, però, sono ritenuti vitali per le indagini perché potrebbero fare chiarezza sulla provenienza dei 2,5 milioni di euro ritenuti sospetti dai magistrati.
Ricostruzioni che il governatore leghista ha rispedito al mittente dicendosi “stupefatto” per la nuova ipotesi investigativa. Secondo cui la firma della madre, apposta sul conto svizzero, sia falsa. Come fa sapere il difensore di Attilio Fontana, l’avvocato Jacopo Pensa, non c’è “nessuna opposizione” alla richiesta dei pubblici ministeri di Milano alle autorità elvetiche “con l’auspicio che arrivino tutti i documenti affinché possa essere fugato ogni sospetto”.
“Pensava ai suoi soldi mentre a Bergamo si moriva”
Non solo, il legale bolla come “fantasia” anche l’ipotesi che i due milioni aggiuntivi rispetto all’iniziale eredità di 3 milioni di euro siano stati portati in contanti oltreconfine. A pensarla diversamente è il senatore lombardo del Movimento 5 Stelle, Danilo Toninelli. Che spiega: “Sono arrivate nuove accuse al governatore nell’ambito dell’inchiesta sulla fornitura di camici. Poi trasformata in donazione, commissionata proprio da Aria alla società controllata dal cognato di Fontana”.
“Si parla di autoriciclaggio e falsa dichiarazione nella voluntary disclosure”. Secondo il grillino “sui 5,3 milioni che sarebbero stati scudati da Fontana in un conto svizzero”. “Le indagini faranno il loro corso, ma certo è che pensare che mentre i lombardi guardavano i mezzi militari uscire da Bergamo carichi di feretri, assistevano ad ordinanze che hanno mandato malati Covid-19 nelle Residenze sanitarie assistenziali, alle mancate chiusure, il presidente pensasse a ben altro fa venire i brividi”.