di Lapo Mazzei
Prima o poi doveva succedere. Perché a forza di tirare la corda, anche se si tratta di un canapo di pregevole fattura, è inevitabile che questa si spezzi. Certo, essendo Silvio Berlusconi colui che tiene in mano entrambi i i capi del filo, accendendo e spegnendo a comando le ugole dei falchi e delle colombe, è difficile stabilire con esattezza se lo spago si sia davvero spezzato. E poi con i governativi del Pdl impegnati a far da spettatori, essendo impegnati al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini dove si tessono trame e si trattano affari, è possibile pure che si tratti di una tattica. Stavolta, però, gli indizi a sostegno della tesi che vuole un allargamento nel solco fra i falchi e le colombe del movimento azzurro ci sono tutti. “Prendere ordini da Napolitano … invece va bene”, ha twittato lapidariamente Daniela Santanchè, rispondendo a coloro che, dalle colonne del Corriere della Sera, anche in forma anonima hanno fatto trapelare il pensiero dominante all’interno dello schieramento delle colombe del Pdl, supportate dai governativi, secondo i quali nessuno sarebbe pronto a prendere “ordini dalla Santanche”.
Battaglia in corso
E che ci sia una battaglia in corso, non tanto per evitare lo strappo quanto per limitare i danni, lo dimostra la presa di posizione del commissario europeo Antonio Tajani, solitamente accorto nell’esternare essendo un passero solitario. “L’Italia ha bisogno di stabilità ora più che mai per uscire dalla crisi”, ha sottolineato il vicepresidente della Commissione europea, ospite del Meeting di Cl a Rimini. E a proposito delle fibrillazioni nella maggioranza e della tenuta del governo, per Tajani “tutti, ma proprio tutti, devono svolgere un ruolo attivo e costruttivo per garantire stabilità all’Italia, diventando protagonisti di una stagione che permetta di uscire dalla crisi”. L’esponente azzurro ha invitato alla coesione le forze politiche e anche tutte le forze sociali perché l’Ue “vuole un’Italia stabile”. “Per uscire dalla crisi economica, ha sottolineato facendo riecheggiare concetti montiani, “serve una stagione di stabilità che va costruita giorno per giorno”. Altro che strappi o rotture traumatiche.
Dato il quadro all’interno del quale si va consumando la partita interna al Pdl, sullo sfondo continua ad aleggiare il fantasma della seduta del 9 settembre, nel corso della quale la giunta del Senato inizierà a discutere dalla decadenza o meno da senatore di Silvio Berlusconi. Perché tutto inizia e finisce lì.
La Giunta per le elezioni
“La Giunta per le elezioni non è un organo politico, ma un organo previsto dalla Costituzione che è equiparabile in tutto e per tutto a un collegio di magistrati e nessuno può trasformarlo in un’arena per esibizioni muscolari”, spiega il senatore del Pdl Andrea Augello, che sta preparando la relazione che terrà in giunta, “così si farebbe del male a tutti, alla politica e alle istituzioni”. Nel pieno della bufera sull’agibilità politica del Cav – i fachi evocano dimissioni di massa nel caso Berlusconi dovesse decadere mentre le colombe sono per tenere separate le questioni allungando così la vita al governo – l’esponente del Pdl preferisce non fare alcuna anticipazione del suo intervento. “Ho il dovere di presentare le mie valutazioni alla Giunta, soltanto dopo sarò ben disponibile a parlare. Ho un obbligo di riservatezza come tutti gli altri componenti, ma in qualità di relatore questo obbligo vale più di altri’’. Augello non dice nulla nel merito e si limita a fare alcune “considerazioni prettamente politiche”, esprimendo tutta la sua “preoccupazione sul ruolo e l’operato che si vuole dare alla Giunta”. ‘’E’ legittimo il dibattito tra chi ritiene applicabile la legge Severino e chi fa valere la sua irretroattività, ma è del tutto sbagliato il tentativo dall’esterno di imporre alla giunta dei tempi da giustizia sommaria’’. Né va bene”, sottolinea, “‘imporre pregiudiziali si sorta e dare un esito scontato al nostro lavoro”. Il senatore del Pdl condivide il monito del capogruppo del Pd Luigi Zanda, che ha chiesto di rispettare il calendario naturale della giunta: “Ho l’impressione che dietro la drammatizzazione del caso Berlusconi ci siano delle forze politiche che vogliono forzare gli esiti del dibattito interno semplicemente perché vogliono far cadere il governo Letta’’.
Grillini nel mirino
Nel mirino di Augello ci sono i grillini, i renziani, una parte del Pd, a cominciare da Rosy Bindi, e chi tra i Democrat ha votato Stefano Rodotà per il Colle. Questo gruppo tecnicamente disomogeneo, ma materialmente coeso dall’unità d’ntenti – creare un Letta bis- punta a portare dalla propria parte i delusi del Pdl, circa una ventina, in modo da dar vita ad un’altra maggioranza. “Non è comprensibile l’appoggio ad un governo che considera il lavoro dei giudici totalmente legittimo, rispettoso della democrazia ed inattaccabile. La tesi di essere convinti che ci sia un colpo di Stato in atto ma di essere i supporter del governo in carica è difficile da capire ed è una contraddizione”, spiega il coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, centrando il nocciolo della questione. “ è come se Morsi criticasse qualche soldato e sostenesse il governo che l’ha esautorato. Il mondo lo guarderebbe prima con sconcerto e poi schernendolo.
E il rischio di passare dalla persecuzione al ridicolo, in assenza di una posizione chiara, è grande”. Ecco perché i governativi del Pdl stanno a guardanre misurando ogni giorno la lunghezza della corda che separa i falchi e le colombe del Pdl.