Il pressing delle Regioni affinché non venisse totalmente cancellata la zona gialla alla fine ha dato i suoi frutti: nel decreto anti-Covid in vigore dal 6 aprile che verrà licenziato oggi nel corso del Cdm in agenda alle 17 e 30, ci saranno degli “spiragli” sulle riaperture cioè delle ordinanze ad hoc ma non sarà previsto nessun automatismo per allentare le misure in base ai dati della pandemia forniti dall’Istituto superiore di sanità.
La strategia di Draghi, che la scorsa settimana aveva parlato di congelamento della zona gialla fino alla scadenza del prossimo decreto anti-Covid (ovvero la fine di aprile) si è dunque “ammorbidita” e da iper rigorista si è tramutata in “attendista”, con un occhio ai dati ma con la volontà di recuperare “il gusto del futuro”. Del resto nelle ultime ventiquattro ore i governatori non hanno allentato la presa, ha parlato di “persecuzione dei ristoratori” ieri il presidente della regione Abruzzo, Marco Marsilio: “Ritengo che se anche la prossima settimana, all’esito della Cabina di regia di venerdì, l’Abruzzo registrasse, per la terza settimana consecutiva, valori da regione gialla, che giallo sia.
Perché, altrimenti, la situazione si trasformerebbe in una sorta di persecuzione nei confronti di un’unica categoria: quella dei titolari di bar e ristoranti. Un atteggiamento estremamente punitivo – ha continuato Marsilio – perché, di fatto, la differenza con la zona arancione è determinata proprio dall’apertura di bar e ristoranti fino alle ore 18 oltre che da una maggiore mobilità all’interno dei confini regionali”.
Toni meno duri dell’esponente di FdI dal governatore ligure Giovanni Toti, ma la sostanza cambia poco, anche da parte sua la volontà è quella di dare un segnale al Paese sulla ripartenza delle attività: “Io ho detto a Draghi che sarebbe opportuno reinserire tutte le zone, senza escluderle a priori. Se ci sono degli indicatori li utilizzerei, avrei lasciato tutto com’è, le zone hanno funzionato meglio che altrove. E anzi ho detto al premier di iniziare a programmare l’estate: penso che potremmo farlo entro fine aprile e l’inizio di maggio se continuiamo così col piano di vaccinazione” e non manca di lodare “l’equilibrio istituzionale” di Draghi che avrebbe detto nel corso dell’incontro con le regioni “che anche lui non vede l’ora di riaprire ma tutti, purtroppo, ci scontriamo sui dati della pandemia”.
I dati, appunto: su questo il premier non intende certo fare concessioni che non siano supportate da evidenze scientifiche ed è stato molto chiaro non solo con gli Enti locali ma anche con la sua stessa maggioranza dove la Lega non era per niente convinta del decreto chiusure: l’obiettivo di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti è quello di consentire le riaperture già da dopo Pasqua, ovvero dal 7 aprile, data in cui entreranno in vigore le nuove norme previste dal decreto anti-Covid che sarà approvato oggi.
E, a fronte della linea del massimo rigore tenuta come sempre dal ministro della salute Speranza (“Ora va usata prudenza, sono i numeri dei decessi del contagio e delle terapie intensive a imporci attenzione, non possiamo fare un passo troppo lungo”) anche ieri il leader della Lega era tornato chiedere esplicitamente a Draghi di inserire nel nuovo decreto anti-Covid la possibilità di allentare le misure restrittive qualora i dati lo avessero consentito.
E così di fatto è stato: se la curva dei contagi lo consentirà lo stop alla zona gialla potrebbe decadere già da metà aprile. L’impegno del governo non è però solo nella direzione della ripresa delle attività economiche in sicurezza, ma anche della riapertura delle scuole: l’orientamento è quello di vietare ai singoli governatori di intraprendere iniziative per chiudere le scuole fino alla prima media.
Nel decreto anti-Covid a cui sta lavorando in queste ore Palazzo Chigi è contenuta anche la norma che, con ogni probabilità, introdurrà l’obbligo di vaccinazione per i medici, esteso a tutto il personale che lavora in strutture sanitarie, come infermieri, operatori sociosanitari, dipendenti di Rsa e studi privati.