A sorpresa Beppe Grillo e Roberto Cingolani si collegano alla congiunta dei gruppi M5S. “Io sono l’elevato, voi i miracolati e lui (il ministro della Transizione ecologica, ndr) il supremo…”, scherza il garante rivolgendosi ai parlamentari pentastellati. “Sogno di vedere il parlamento mischiato – dice – diventiamo meticci”. Elogia Draghi “non un banchiere senza sentimenti” ma “uno che vede la povertà e sa di cosa parla, vede il futuro. Ha mantenuto la parola su transizione ecologica e reddito di cittadinanza”.
Quest’ultimo “deve diventare universale, questa sarà la mia battaglia finale”. La regola dei due mandati? “Un nostro pilastro fisso, deve rimanere. L’ho detto a Conte”, dice Grillo. Ma assicura: “Non abbandoneremo quelli che finiranno il secondo mandato”. Digressioni a parte, il garante non ha dubbi: “Dobbiamo guardare al 2050 e fare tutto questo con Conte, portando avanti il progetto con il centrosinistra”.
LE INCOGNITE. Ma Grillo non scioglie i tanti nodi che in questo momento vengono al pettine analizzando quanto si muove nell’universo pentastellato. Il primo riguarda proprio l’avvocato pugliese che non ha ancora la legittimazione del capo politico del Movimento. A mettersi di traverso per la sua proclamazione di leader pentastellato c’è la questione irrisolta del rapporto con Davide Casaleggio. Il quale, fino a quando il M5S non salderà il conto di 450mila euro che lui reclama, non intende mettere a disposizione la piattaforma per il voto della base, necessario per cambiare lo Statuto e per eleggere il capo politico.
E anche se ora c’è un conto corrente ad hoc e i soldi dei deputati e senatori non verranno più versati direttamente a Rousseau, l’associazione continua a chiedere gli arretrati. “Non vedo perché oggi si debba decidere di non usare più Rousseau, ci sono ruoli e pretese da chiarire, spero di comporre amichevolmente la questione”, ha dichiarato Conte, confermando l’intenzione di voler evitare le vie legali. Ottimista anche Grillo: “Conte meraviglioso. Con Rousseau credo che troveremo un accordo per cambiare lo statuto”. E aggiunge: “Presto voteremo quando avremo una piattaforma”.
Eppure l’eventualità che venga avviata una causa contro Casaleggio è sul tavolo. E i tempi per la rifondazione M5S potrebbero allungarsi. Si dovrebbe escogitare il modo di legittimare la nuova leadership di Conte aggirando il voto su Rousseau. Non è semplice ma l’ipotesi è allo studio. Ci dovrebbero essere una segreteria e responsabili d’area. Decisiva per risolvere questo rebus dovrebbe essere una riunione alla presenza di Grillo e dei vertici che, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe potuto tenersi già in questo fine settimana.
Conte nel momento in cui scioglierà la riserva dovrà pure rendere noto il manifesto programmatico con cui rilanciare il M5S quale forza progressista, ecologista aperta all’alleanza con le forze del centrosinistra e col mondo delle associazioni e dei movimenti. I parlamentari spingono perché Conte acceleri la sua discesa in campo e si confronti con loro. E a testimonianza di questo pressing c’è anche la formazione di più gruppi. è il caso di “Italia Più 2050”, evoluzione del think tank “Parole guerriere”, animato dalla sottosegretaria al Sud Dalila Nesci.
Un’associazione culturale attorno alla quale gravitano circa 40 parlamentari (da Carlo Sibilia a Giuseppe Brescia) e che intende muoversi “nel solco tracciato da Grillo per il M5S guidato da Conte”. E di “Innovare”, altro think tank messo in piedi da un gruppo di giovani parlamentari del M5S, alla prima legislatura e ferrei sostenitori del tetto ai due mandati. Sono una trentina, animati da Giovanni Currò, Luigi Iovino, Luca Carabetta.
AL VOTO AL VOTO. Altro nodo da sciogliere è quello delle amministrative. Ancora una volta l’ostacolo è Rousseau. Lo Statuto stabilisce che competono agli iscritti, mediante lo strumento di democrazia diretta e partecipata costituito dalla consultazione in Rete, la scelta – prima ancora delle alleanze – dei candidati e l’approvazione del programma politico da presentare alle elezioni politiche, europee, regionali e amministrative. E qui il problema oltre alla disponibilità di utilizzare la piattaforma web è la questione del controllo dell’elenco degli iscritti.
Un ulteriore tema, insieme con gli arretrati, che rischia di spingere la partita tra Rousseau e M5S in tribunale. E poi c’è il nodo della Capitale. Nicola Zingaretti ha definito la sindaca uscente una minaccia per i romani. Roberta Lombardi da poco entrata nella giunta del Lazio ha lanciato le primarie aperte per Roma: un gesto visto come fumo negli occhi dall’ala dura del Movimento, quella che guarda a Casaleggio e a Di Battista, che appoggia la ricandidatura di Virginia Raggi, sostenuta però a spada tratta anche da Grillo.
Un’eventuale mozione di sfiducia del Pd nei confronti della sindaca oggi la costringerebbe al passo indietro ma nello stesso tempo potrebbe inficiare l’alleanza che Conte e Letta stanno cercando di tessere. All’ex premier toccherà comporre il difficile puzzle a Cinque Stelle.