Il Comitato Tecnico Scientifico cambia pelle con Mario Draghi. Prima le dimissioni dell’ex coordinatore Agostino Miozzo. Poi le “nuove esigenze dettate dalla campagna vaccinale”, come recitava la nota che annunciava la novità. Adesso il Cts vede il numero dei suoi membri ridotto a 12. Ma soprattutto si modifica nella composizione, con esperti di statistica e matematica che affiancheranno gli specialisti della sanità e l’introduzione di un componente indicato dalla Conferenza delle Regioni. E con tre nomine che fanno discutere.
Il Cts cambia pelle: arrivano quelli che a giugno dicevano che l’emergenza era finita
A intervenire sul Cts è stato il nuovo capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, che è tornato dopo essere stato nominato anni fa dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi e aver poi rimesso l’incarico per ragioni di salute. Con Draghi ha preso il posto di Angelo Borrelli, che ha dato le dimissioni (non si sa quanto spontaneamente) a pochi mesi dalla scadenza del suo incarico. il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli sarà il nuovo coordinatore e sarà affiancato dal presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro come portavoce e da Sergio Fiorentino come segretario. Gli altri membri sono: Giuseppe Ippolito, Cinzia Caporale, Giorgio Palù, Giovanni Rezza, Fabio Ciciliano, Sergio Abrignani, Alessia Melegaro, Alberto Giovanni Gerli, Donato Greco.
E accanto ad alcune autorevoli conferme non si possono certo non notare alcune novità. Una di queste è l’arrivo del presidente dell’Aifa Giorgio Palù (nella foto), che prende il posto del direttore generale Nicola Magrini. È giusto ricordare che tra i due in questi mesi di coabitazione non c’è sempre stata unità d’intenti. Sugli anticorpi monoclonali per esempio. Ma soprattutto il professore emerito di Virologia all’Università di Padova si è fatto notare l’estate scorsa con una lettera-manifesto a Il Giornale intitolata “Emergenza finita”. Firmata da lui e altri nove luminari tra cui il professor Matteo Bassetti del San Martino di Genova, notoriamente molto vicino al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e Donato Greco, che oggi è stato nominato insieme a lui nel Cts.
Quando Giorgio Palù e Donato Greco scrivevano che l’emergenza era finita
Cosa diceva la lettera-manifesto? Intanto si segnalava “un crollo inequivocabile dei malati di Covid-19 con sintomi e dei ricoveri in ospedale. E in parallelo un’impennata dei casi cosiddetti ‘debolmente positivi’, per i quali i ricercatori di tutto il mondo si stanno chiedendo se il rischio contagio esista davvero”.
“Evidenze cliniche non equivoche da tempo segnalano una marcata riduzione dei casi di Covid-19 con sintomatologia. Il ricorso all’ospedalizzazione per sintomi ascrivibili all’infezione virale è un fenomeno ormai raro e relativo a pazienti asintomatici o paucisintomatici. Le evidenze virologiche, in totale parallelismo, hanno mostrato un costante incremento di casi con bassa o molto bassa carica virale.
Sono in corso studi utili a spiegarne la ragione. Al momento la comunità scientifica internazionale si sta interrogando sulla reale capacità di questi soggetti, paucisintomatici e asintomatici, di trasmettere l’infezione”.
Oltre a Palù, Greco e Bassetti il gruppo dei dieci comprendeva nomi del calibro di Arnaldo Caruso, Massimo Clementi, Luciano Gattinoni, Luca Lorini, Giuseppe Remuzzi, Roberto Rigoli, Alberto Zangrillo. Quest’ultimo solo qualche giorno prima aveva parlato di “virus clinicamente morto” e qualche tempo dopo si dovette scusare. Ma soprattutto la lettera scatenò all’epoca un ampio dibattito nel quale altri esperti come Massimo Galli, Andrea Crisanti e Ranieri Guerra sostenevano l’esatto contrario.
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Crisanti zanzarologo e le mascherine che non servono
Non solo. Nelle more della polemica si registrò all’epoca un attacco di Palù proprio a Crisanti, accusato di essere un uccello del malaugurio: “Crisanti è un mio allievo nel senso che accademicamente l’ho chiamato io da Londra, non è un virologo, non ha mai pubblicato un lavoro di virologia, ma è un esperto di zanzare”, ovvero uno “zanzarologo”. E ancora: Donato Greco invece qualche giorno dopo la pubblicazione della lettera rilasciò un’intervista al Corriere della Sera in cui affermava che le mascherine non servivano più: “Oggi ha poco senso indossare mascherina, guanti e tenerci distanziati in certe zone del Paese. Bisognerebbe procedere a quello che noi chiamiamo risk assessment, analisi del rischio”.
All’epoca i professori dell’università di Padova difesero Crisanti, mentre come è andata a finire la storia lo sappiamo tutti. Ovvero che dopo l’estate è arrivato l’autunno e con esso la seconda ondata dell’epidemia di coronavirus, che ha fatto più morti della prima. Infine c’è Alberto Giovanni Gerli, ingegnere anche lui padovano e consulente dei medici milanesi. Che la famosa lettera non l’ha firmata, ma il 30 gennaio scorso, non una vita fa, pronosticava sicuro: a fine febbraio il Veneto sarà zona bianca. “Nei prossimi due mesi assisteremo a una forte diminuzione del numero di contagi per arrivare ad inizio aprile. Quando la situazione sarà paragonabile a quella di agosto”. Questo, avvertiva Gerli, soltanto a patto che non entrino in gioco le varianti come quella inglese. E anche qui sappiamo tutti com’è andata a finire. Le previsioni erano tutte clamorosamente sbagliate, ma Palù, Greco e Gerli sono stati premiati con un posto nel Cts. E il governo dei migliori? Sarà per la prossima volta.