Dopo un anno di pandemia, è ormai certificato lo stato di coma della giustizia italiana. Che il nostro ordinamento giudiziario non fosse in salute, tanto che da anni è continuamente bersagliato da Bruxelles, è cosa nota ma l’avvento del coronavirus ha letteralmente messo in ginocchio l’intero sistema tanto che sono crollate le sentenze dei tribunali di tutto il Paese mentre sono aumentate le pendenze.
Gli effetti della pandemia sono stati a dir poco sconvolgenti nella Capitale, come raccontato dal presidente della Corte d’Appello Giuseppe Meliadò in una relazione, tanto che si è registrato “il marcato aumento delle pendenze presso il tribunale penale di Roma, dove le pendenze hanno visto un incremento del 16,41% e del 7,91% rispettivamente nel ruolo monocratico e collegiale, e le sentenze pronunciate una diminuzione rispettivamente del 40% e del 32%”.
Dati choc che trovano una spiegazione proprio a causa del coronavirus che ha costretto alla sospensione della trattazione dei processi penali ordinari sino all’11 maggio quando è ripresa, seppur con enormi rallentamenti, l’attività giurisdizionale. Ritardi che sono all’ordine del giorno tanto che, semplicemente facendo un giro all’interno del tribunale monocratico di Roma, i ruoli delle udienze sono colmi anche se, in realtà, la maggior parte dei procedimenti viene rinviata all’ultimo momento.
Se la Capitale piange, di certo Milano non ride come del resto anche tutto il resto dell’Italia. In tal senso sono emblematiche le parole della neoprocuratrice generale del capoluogo lombardo, Francesca Nanni, secondo cui confrontando il 2020 “con l’anno precedente nel periodo aprile-giugno”, emergono “dati impressionanti” con “le udienze penali in Corte d’Appello che diminuiscono del 73%, quelle davanti alla sezione minori del 33%, le udienze civili sempre in Corte d’Appello del 70%”.
Ad aumentare, invece, sono solo “le udienze davanti al Tribunale di Sorveglianza” con un “+14%”. Sempre a Milano, nell’apertura di fascicoli negli uffici dei pubblici ministeri si registra una diminuzione dell’8,4% dovuta alla contrazione delle notizie di reato e del 16,8% sulla definizione dei fascicoli.
SISTEMA BLOCCATO. Ma se la giustizia penale e civile arranca, non va meglio per quella tributaria che sconta ritardi anch’essi spaventosi. Dati alla mano, le controversie pervenute al 31 dicembre 2020 sono state 151.400 con una significativa contrazione rispetto all’anno precedente, quando erano state 189.537, pari al 20,1% in meno. Nello stesso anno i ricorsi presentati presso le Commissioni provinciali sono stati 108.699 a fronte dei 142.522 dell’anno precedente.
Il numero delle controversie decise nel 2020 è stato di 141.751, di cui 101.552 ricorsi e 40.199 appelli, con un calo pari al 37,9% rispetto al 2019 quando erano state addirittura 228.141. Per effetto della minore definizione dei processi, si è verificato un aumento delle pendenze pari al 3% e ciò ha interrotto il trend positivo degli ultimi anni in cui la giustizia tributaria stava abbattendo il proprio arretrato.
A riprova che gli ultimi 12 mesi sono stati l’annus horribilis della giustizia c’è anche un ultimo dato ossia che non sono stati risparmiati neanche i futuri avvocati che attendono tutt’ora di celebrare il proprio esame di abilitazione. A causa del Covid le prove sono state più volte rinviate e solo ora i candidati intravedono la luce in fondo al tunnel con l’ultimo decreto legge di Mario Draghi che ha dato il via libera all’esame che si svolgerà con due prove orali.