Una proposta che mira a disincentivare eventuali conflitti d’interessi “nei confronti di influenze straniere”. Sulla scorta soprattutto dell’ampia discussione seguita prima al viaggio di Matteo Renzi in Arabia e poi ora al nuovo presunto viaggio negli Emirati, il disegno di legge presentato del deputato M5S Francesco Berti prevede, infatti, che i politici che “durante il proprio mandato e nell’anno successivo alla cessazione del proprio incarico ricevono contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri […] superiori a 5mila euro euro annui decadono con effetto immediato dalle proprie funzioni”.
Onorevole Berti, perché crede sia necessaria questa proposta?
È paradossale che ci sia bisogno di questa legge. Esponenti di Italia Viva sottolineano che fare tutto questo è legale, nel senso che nessuna legge lo vieta. Secondo me gli articoli 54 e 67 della Costituzione sono chiarissimi: richiamano ai principi di disciplina e onore per lo svolgimento di cariche pubbliche e ricordano che in quel momento si sta rappresentando la Nazione. Evidentemente però c’è bisogno di specificare, e soprattutto applicare delle sanzioni. Per me, comunque, ci sono gli estremi per un intervento della Presidenza del Senato: il rischio di influenza è palese.
Cosa sarebbe accaduto se la sua proposta fosse stata già legge?
Se la mia proposta fosse già legge, Renzi sarebbe decaduto dalla carica di Senatore (passando da un procedimento in Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, un organo interno del Senato) e non si sarebbe potuto candidare o essere nominato in ruoli governativi per 5 anni. Una sanzione molto forte, in grado di raffreddare gli animi di chi pensa di poter rappresentare due o più interessi alla volta. Oppure, non avrebbe mai accettato quei soldi dalla Fondazione che fa capo allo Stato saudita. E sarebbe stato anche un bene per lui: avrebbe evitato, ad esempio, di parlare di ‘Nuovo rinascimento’ per un regime che mortifica molti diritti umani e che, stando al report della Cia, sarebbe responsabile dell’uccisione barbara del giornalista Jamal Kashoggi. Mi faccia dire che da toscano sono doppiamente indignato.
Nell’attuale maggioranza di governo c’è anche Italia viva. Crede che possa trovare convergenza la sua proposta?
Con alcuni colleghi di Italia Viva ho un rapporto cordiale, nonostante raramente mi trovi d’accordo con loro. Sarei curioso di sapere in che modo giustificano ciò che è ingiustificabile. L’inopportunità di fare il consulente per una fondazione che fa capo a uno Stato straniero, ricoprendo contemporaneamente un ruolo di rappresentanza dei cittadini italiani è evidente, non basta qualche imbarazzante auto-intervista per sgombrare i dubbi. Immaginatevi: chi rappresenterebbe il Parlamento italiano se tutti e 945 i parlamentari prendessero i soldi dall’Arabia Saudita?
Il tema dei conflitti d’interessi è sempre stato centrale per il Movimento, ma poco è stato con il Conte 1 e 2. Considerando l’attuale variegata maggioranza crede che si potrà affrontare l’argomento anche prescindendo dalla sua proposta?
In Italia non sembra mai il momento giusto per affrontare i temi istituzionali. In realtà, anche oggi che le priorità sono vaccini, ripresa e ristori, i cittadini italiani sono sensibili alla questione del conflitto di interessi, specialmente quando la questione emerge in una maniera così palese. Le forze politiche di maggioranza dovrebbero rendersi conto che questa legge migliora la qualità di tutta la rappresentanza politica.
Nel frattempo il senatore ha annunciato già azioni civili contro La Stampa e Tpi. Ma pare non siano arrivate smentite…
Querelare i giornali è una risposta avvocatesca di chi non sa come rispondere. Io credo che il senatore si senta forte perché ha una rete di rapporti dovuta al suo passato ruolo da Presidente del Consiglio. Ricordo che gli Stati uniti hanno descritto il principe saudita Mohammad bin Salman come un tiranno complice di assassini. Credo però che Renzi sia ancora in tempo per chiedere scusa e, magari, per donare alla moglie di Kashoggi i soldi ottenuti dalla Fondazione. Fare il parlamentare è già di per sé un onore e una carica ben retribuita. È pura arroganza prendere soldi e incarichi da stati esteri durante l’incarico pubblico. La legge, se approvata, sarà un disincentivo molto forte.