Che i giorni degli attuali vertci Rai siano contati, ormai non è più un interrogativo ma quasi una certezza: se nei giorni scorsi avevano trovato spazio indiscrezioni secondo le quali il Cda della Tv di Stato – e dunque del suo Amministratore delegato Fabrizio Salini e del suo Presidente Marcello Foa– potessero godere di una proroga da parte dell’attuale esecutivo, a fugare ogni dubbio ci hanno pensato un pò tutti, daigli stessi membri dell’attule Cda, con Rita Borioni (quota Pd) e Riccardo Laganà (eletto dai dipendenti dell’azienda) ai membri della Commissione parlamentare di vigilanza Rai di Pd, Leu e persino Lega, nonostante Foa sia stato indicato a suo tempo – cioè nell’era del governo gialloverde – proprio dal Carroccio (leggi da Matteo Salvini in persona), così come il consigliere Igor De Biasio, le cui nozze nel 2019 sono state celebrate nientedimeno che dal segretario federale in persona.
Eppure sono proprio i leghisti i più agguerriti, e un paio di giorni fa hanno consegntao alle agenzie la seguente nota: “Il rinnovo dei membri del Cda della Rai avvenga nel rispetto delle scadenze naturali. La Lega ha condiviso in Vigilanza la necessità di non perdere tempo nell’avvio dell’iter che porterà alla nuova elezione dei vertici di viale Mazzini. Le recenti audizioni del direttore di Rai Uno, Stefano Coletta, e dell’amministratore delegato, Fabrizio Salini, hanno certificato l’urgenza di consegnare al Paese un’azienda radiotelevisiva che si lasci alle spalle la fallimentare gestione Conte-Casalino. Il futuro Cda dovrà rilanciare l’azienda con un concreto piano industriale, non c’è tempo per ipotizzare proroghe dell’attuale assetto”.
Ora, perché tanta fretta di liquidare coloro che hanno contribuito a scegliere per la governance del servizio pubblico? L’arcano è presto svelato: evidentemente delusi dalle performance prodotte in questi tre anni dai loro uomini, a cui si aggiunge, va detto, la fallimentare scelta ricaduta ai tempi su Teresa de Santis per la direzione di Rai Uno presto sostituita da Coletta, rete sulla quale nel prossimo giro la Lega vorrebbe di nuovo mettere le mani, stanno cercando un “papa straniero” che dal Cda possa indirizzare e condurre in porto le operazioni in maniera più fruttuosa: sembra che per quel ruolo si stia dando molto da fare in questi giorni una vecchia conoscenza del mondo Rai (dal settembre 1996 al maggio 2000, anno in cui fu eletto governatore del Lazio fu presidente della Commissione di vigilanza): stiamo parlando di Francesco Storace, attuale vicedirettore de Il Tempo.
Proprio l’altro giorno, peraltro, l’ex potente collonello della fu Alleanza Nazionale vergava un editoriale per spiegare le manovre in corso nei corridoi di Viale Mazzini e nelle segreterie di partito per gestire al meglio i rapporti con il nuovo esecutivo targato Draghi e soprattutto auspicava un’accelerazione delle pratiche per avviare quanto prima le procedure previste dalla legge per il rinnovo dei quattro membri del Cda di nomina parlamentare. Si dà il caso che, secondo indiscrezioni, il fine sia appunto quello di essere nominato fra questi in quota Lega.
Non certo Fratelli d’Italia, come pur sarebbe più lineare dal punto di vista del percorso politico, ma si sa, la logica non sempre appartiene alle cose di questo mondo e soprattutto non è un segreto che Storace abbia in ben poca simpatia (ricambiato) la leader e fondatrice di quel partito, Giorgia Meloni. Se fosse vero sarebbe umiliante per Salvini in primis, perché vorrebbe dire che, non potendo contare su valide risorse proprie, è costretto a pescare in casa di altri, anzi fra le “glorie passate” di casa di altri.