Il caso è noto. Matteo Renzi, nel pieno della crisi del governo Conte, se ne è volato in Arabia Saudita per partecipare ad una conferenza a pagamento, ben 80mila euro, organizzata dal principe ereditario Mohammed bin Salman sospetto mandante di un assassinio, quello del giornalista del Washington Post, Jamal Khashoggi. Il principe è stato ieri formalmente denunciato da Reporters sans frontières (Rsf) per crimini contro l’umanità alla ella Corte federale di Karlsruhe, in Germania.
Il giornalista, come si ricorderà, non è solo stato barbaramente ucciso, ma è stato fatto anche a pezzi mentre si trovava presso l’ambasciata saudita in Turchia, mentre la fidanzata aspettava fuori. Il fatto che Renzi se la spassasse in terra d’Arabia ospite del probabile mandante dell’efferato delitto ha provocato la reazione indignata dell’intera stampa mondiale. L’ex presidente del Consiglio è diventato un caso planetario, ma in Italia, caso strano, tranne poche eccezioni e vedremo quali, il fatto è stato edulcorato fin dall’inizio e la notizia della denuncia di Rsf è passata praticamente sotto silenzio.
Le uniche eccezioni sono state La Notizia, La Verità, Il Fatto Quotidiano e Domani, mentre i “giornaloni” hanno messo la sordina alla cosa. E questo porta ad una riflessione sul giornalismo italiano. I quattro quotidiani, tra cui il nostro giornale, che hanno dato spazio alla notizia sono posizionati comunque su un giornalismo d’inchiesta e di testimonianza, sia pure da prospettive politiche e culturali diverse. All’appello mancano invece i grandi giornali, ad esempio la sempre pronta (quando gli conviene) Repubblica e il Corriere della Sera, tanto per fare qualche nome tra i più eclatanti.
Ma anche la televisione si è dimostrata riottosa a parlarne e questo si verifica facilmente sullo scarsissimo riflesso che ha avuto la vicenda su La 7 cosa del resto scontata appartenendo entrambi allo stesso editore Urbano Cairo. Ma perché in Italia non si è dato il giusto risalto ad una vicenda che riguarda non solo l’opinione pubblica mondiale, ed infatti il nuovo presidente Usa Joe Biden si è già mosso in tal senso, ma particolarmente i giornalisti che dovrebbero essere i primi ad esserne colpiti visto che si tratta di un collega che stava facendo solo il suo lavoro al servizio della comunità?
Renzi ha commesso un atto esiziale per la sua immagine politica e cioè accettare l’invito di bin Salman e non risulta che abbia poi spiegato i motivi dopo la conclusione della crisi governativa, come invece aveva solennemente promesso. Ma ancor più esiziale è stato il comportamento della maggioranza dei giornalisti, con le eccezioni sopra riportate. Non occorre allora essere complottisti se si pensa che tutta la vicenda sia stata tenuta sotto controllo per non danneggiare la partenza del governo Draghi che, ricordiamolo, imbarca anche Renzi.
Una strategia coerente con l’obiettivo di guidare la pubblica opinione in una determinata direzione, il tutto per non provocare nuove traversie dopo la caduta traumatica del governo Conte, voluta proprio da Matteo Renzi. Per fortuna, come abbiamo scritto, non tutti i giornalisti e i giornali sono uguali, ma la domanda è come sia possibile far entrare un po’ di aria nuova in un sistema asfittico che grava come una cappa sul nostro Paese? Ed in un periodo di non sopite tensioni sociali dovute alla pandemia la chiarezza informativa dovrebbe essere un obiettivo primario per il bene pubblico, come anche il presidente della camera Roberto Fico ha ricordato a questo proposito.