Si va verso un congelamento del Patto di Stabilità anche per il 2022. La recrudescenza del virus con il dilagare delle varianti non lascia molte speranze per una ripresa dell’economia in tempi rapidi. Domani il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, spiegherà che l’incertezza ancora troppo elevata non permette di prevedere un ritorno alla normalità in tempi brevi, e quindi il sostegno all’economia dovrà proseguire com’è stato in questi mesi. Ecco che, se il Patto di Stabilità rimarrà in freezer fino al 31 dicembre 2021, l’orientamento generale dominante è che lo stesso avvenga per il prossimo anno.
Falchi a parte, ovviamente, che vorrebbero scongelare le regole già nel 2022. Domani Bruxelles fornirà “linee guida su come e quando normalizzare la sorveglianza sui bilanci pubblici”. Ovvero la Commissione europea pubblicherà i criteri che intende adottare per decidere se prolungare la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita anche nel 2022. Il documento darà indicazioni sui parametri per decidere sulla clausola di salvaguardia generale (la “general escape clause”) che ha consentito di sospendere le regole del Patto.
Ma la decisione finale sarà presa solo a maggio, successivamente alle discussioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin e alla pubblicazione delle previsioni economiche di primavera. “Ancora una volta, dovremmo essere chiari sul fatto che quando si tratta di sostegno fiscale nella congiuntura attuale, i rischi di fare troppo poco superano quelli di fare troppo”, ha detto Gentiloni.
“Per evitare danni permanenti all’economia, il sostegno pubblico non deve essere ritirato prematuramente, le misure devono proseguire finché serve”, ha dichiarato sulla stessa linea Valdis Dombrovskis (nella foto). Ma – ha avvertito il vicepresidente della Commissione Ue – “le misure devono essere mirate e temporanee, così evitiamo di creare un peso permanente sulle finanze pubbliche”.
C’è, però, una partita più grande che si intravede all’orizzonte e che va ben oltre la sospensione del Patto per un altro anno. Ed è quella che riguarda la revisione delle regole che stanno alla base del Patto stesso, dal momento che il rigore e l’austerità di quelle norme saranno difficilmente conciliabili con la fase successiva alla pandemia. La speranza di Gentiloni e delle colombe è riuscire a modificare quelle regole anche legalmente. L’ex premier punta a introdurre un nuovo concetto, simile alla vecchia flessibilità: favorire la spesa buona, quella per investimenti produttivi, scontandola dal deficit.
Gentiloni ha citato la distinzione, coniata dal premier Mario Draghi, tra debito “buono” e debito “cattivo”. “Il punto – ha detto – è per cosa usiamo il debito. Se è per finanziare ricerca, istruzione, infrastrutture e ospedali, possiamo ritenerlo debito ‘buono’. Se è per finanziare spesa corrente e misure che non hanno effetti sulla capacità produttiva, allora è ‘debito cattivo’ e la sua sostenibilità verrà messa in questione”. Rimane la necessità di “riflettere sulla regola del debito”.
Perché una versione eccessivamente rigorosa di questa regola innesca aggiustamenti drastici prociclici e autolesionistici. Le aree di intervento sulle regole sono diverse e “ci sono margini per cambiarle tramite l’interpretazione. Ma se vogliamo essere più ambiziosi – è l’invito di Gentiloni – non dovremmo escludere modifiche delle regole”, cioè riforme dei trattati. Il dibattito sulla revisione formale delle regole Ue sui bilanci pubblici dovrebbe partire dopo l’estate.