di Antonello Di Lella
Si tinge di giallo il nuovo piano del governo per la riorganizzazione della pubblica amministrazione. Terreno di scontro, questa volta, è la minaccia di una rilevante sforbiciata al numero dei dipendenti della macchina statale. Ci saranno dei tagli: questa è una certezza. Dove e in che modo per ora non è dato saperlo. Indiscrezioni di stampa nei giorni scorsi hanno annunciato un esubero di 200 mila dipendenti statali, attraverso un massiccio prepensionamento. Tanto è bastato a innescare una nuova bagarre governo-sindacati con il ministro della Pubblica Amministrazione e Semplificazione Gianpiero D’Alia costretto a correre ai ripari: “Questi numeri noi non li abbiamo dati, al momento sono varie le ipotesi che stiamo studiando, ma le confermeremo solo dopo una decisione condivisa con il consiglio dei ministri”. Il governo guidato da Enrico Letta sembrerebbe aver previsto un taglio di sole 7-8 mila unità, che in parte verrebbero riassorbite attraverso la mobilità verso altri dipartimenti e in parte con l’esodo volontario. Un balletto di numeri in continua evoluzione con l’incertezza che regna sovrana. E con il leghista Roberto Calderoli che ha chiesto al ministro il licenziamento in blocco dei fannulloni della Pa. Intanto i tecnici del ministero del Lavoro, del Tesoro e della Funzione Pubblica stanno lavorando al taglio di auto blu e consulenze, oltre al reperimento di risorse per la contrattazione di secondo livello. Ma per vedere qualcosa di concreto ci sarà da aspettare il mese prossimo.
Stipendi bloccati
Sul congelamento degli stipendi statali si preannuncia un conflitto inevitabile. Il grido di battaglia giunge dal segretario della Uil Luigi Angeletti: “Sono quattro anni che bloccano i contratti agli statali che sono l’unica categoria sottoposta a un trattamento del genere”. E molto probabilmente scontro sarà.
Perché se per il responsabile della Funzione Pubblica quello del blocco degli stipendi resta una questione innegabile, dall’altra lo stesso D’Alia sottolinea che si tratta di un provvedimento adottato da altri governi e che non potrà, per ora, essere rimesso in discussione. La trattativa potrebbe riaprirsi a settembre quando verrà convocata una serie di incontri con i rappresentanti dei lavoratori. Le premesse, però, non lasciano ben sperare.