Chissà se non si tratti di karma, sicuramente si tratta di un curioso caso di tempismo perfetto: mentre ieri, nel giorno della fiducia alla Camera a Mario Draghi, il leader della Lega annunciava che “Nelle prossime ore, e non solo dai 5 Stelle, ci saranno diverse persone che cominceranno il loro cammino con la Lega, sia alla Camera che al Senato”, a mollarlo invece erano proprio tre dei suoi. Per approdare a Fratelli d’Italia. Il più inatteso il deputato Gianluca Vinci, leghista di lungo corso, eletto per la prima volta consigliere comunale a Reggio Emilia nel 2009, ex candidato sindaco sempre nella città emiliana, e dal 2015 al 2019 segretario regionale del partito.
A Montecitorio da marzo 2018, Vinci ha votato contro la fiducia all’esecutivo Draghi e annunciato il suo ingresso nel partito di Giorgia Meloni. Stessa scelta anche per il capogruppo in Consiglio regionale della Basilicata, Tommaso Coviello e per l’eurodeputato calabrese Vincenzo Sofo, fidanzato di Marion Le Pen, che ieri lasciato il gruppo di cui fa parte il Carroccio (Id), a Strasburgo, per passare ai Conservatori (Ecr) dove siedono gli esponenti di FdI, in dissenso con la scelta di Matteo Salvini di appoggiare l’ex governatore della Banca centrale europea.
“La fiducia al governo Draghi per la Lega rappresenta una svolta netta rispetto al progetto politico al quale ho lavorato da quando Matteo Salvini è diventato segretario federale. Sono entrato in questo movimento nel 2009 perché era l’unica alternativa al Pdl e a una deriva centrista del centrodestra che lasciava orfani milioni di italiani in cerca di qualcuno che ne difendesse le istanze identitarie, patriottiche e sociali”, Sofo ha così argomentato la decisione.
A chi gli chiedeva delle fuoriuscite, Matteo Salvini ha risposto minimizzando e rilanciando la prospettiva di nuovi arrivi verso la Lega, provenienti da ex M5s. Non a caso ieri veniva diramata una nota da “fonti Lega” che sembrava quasi un invito ai dissidenti grillini a passare al Carroccio: “Spiace per le decine di voti contrari a Draghi e le conseguenti espulsioni di parlamentari grillini (quanti sono). Ancora più responsabilità, impegno e passione sono richiesti alla Lega e al centrodestra di governo, noi ci siamo”.
Forse agli estensori della nota non è chiaro che gli esponenti del M5S che hanno scelto di votare no in nessun modo potrebbero unirsi ad un gruppo parlamentare che invece si espresso a favore di un esecutivo guidato dall’ex Bce e in ogni caso se Atene pinge Sparta non ride ed è evidente che la fiducia al governo di Mario Draghi manda in crisi la coalizione di centrodestra. Con Lega e Forza Italia che hanno deciso di entrare in maggioranza con la sinistra e il M5S e Fratelli d’Italia all’opposizione, i partiti della coalizione hanno infranto il patto di unità che aveva tenuto nelle prime settimane della crisi del Conte II.
E ora navigano a vista, con Giorgia Meloni che propone un intergruppo del centrodestra incontrando la freddezza degli alleati e con Salvini che continua a rilasciare dichiarazioni del tipo “Rispetto Giorgia Meloni ma ho scelto l’Italia. Non penso che gli italiani adesso abbiano voglia di polemiche. Sarebbe stato più comodo anche per me intervenire in parlamento e puntare il dito sugli errori degli altri, ma ho messo l’interesse degli italiani davanti a quello del mio partito. Ho fatto una scelta più coraggiosa e più impegnativa”.
Capitolo a parte le commissioni di indirizzo, vigilanza e controllo, le cui presidenze, per prassi istituzionale, spettano all’opposizione. E l’orientamento di FdI sarà di reclamarle: vediamo se Lega e FI le lasceranno senza “rancori”.