di Angelo Perfetti
Lo ha concepito, lo ha fatto nascere, lo ha anche battezzato: il governo delle larghe intese. Ora lo difende, mettendo davanti agli occhi degli italiani lo spauracchio di una crisi irreversibile che travolgerebbe il Paese in caso di improvvisa mancanza di fiducia. Napolitano si gioca tutte le carte per blindare Letta, ma siamo lontani anni luce dagli intendimenti e dalle promesse che reggevano il patto delle larghe intese. Di provvedimenti sostanziali per l’economia neanche l’ombra, sulla riduzione dei costi della politica siamo alla presa in giro, e anche il rasserenamento del clima tra le forze politiche resta una mera intenzione. La cima chiesta dal Pdl per salvaguardare la figura di leader politico di Berlusconi dagli attacchi della magistratura – da valutare in nome delle larghe intese più che della Giustizia in sé – non è stata lanciata. Re Giorgio ha abdicato, non al suo ruolo di comando ma a quello di garante. Ora tutti si sperticano per interpretare le parole del Colle che, come il miglior Letta, ha rimandato la questione della grazia a una futura richiesta, glissano totalmente sulla possibilità o meno di concederla e rimarcando solo le prerogative del Colle. La sinistra si accontenta delle dichiarazioni sul rispetto delle sentenze, il centrodestra si sforza di vedere qualche spiraglio di apertura tra le pieghe di una presa di posizione che sembra più un invito a farsi da parte che una reale voglia di tutelare il leader di un partito che rappresenta mezza Italia. Difficile che il Cavaliere possa ingoiare anche questo rospo senza battere ciglio. Certo, c’è il semestre europeo in arrivo, c’è la crisi, ci sono le elezioni europee del 2014. Ma se il prossimo punto fermo del Cav, quello sull’Imu, dovesse essere cassato, la reazione sarà dura. E stavolta sarà impossibile fare il giochino del rinvio. Il conto alla rovescia è iniziato.