Mentre a Roma Matteo Salvini incassa il no del premier incaricato Mario Draghi alla sua proposta sulla flat tax, i suoi a Bruxelles si apprestano a seguire la nuova fede europeista del Capitano e a votare sì sul regolamento che istituisce la ‘Recovery and resilience facility’, il cuore del Recovery fund. La Lega, che si astenne un mese fa sul documento in commissione, dovrebbe stavolta votare a favore. Un capovolgimento a 360 gradi.
“L’ho detto a Draghi, un conto era usare i prestiti dall’Europa con un governo Conte che non aveva condiviso niente con nessuno, niente con le Regioni, i Comuni e le parti sociali – afferma il segretario leghista al termine del secondo incontro con l’ex numero della Bce – un conto è essere protagonisti del buon utilizzo di questi fondi, la qual cosa comporta anche un cambio di atteggiamento e di fiducia da parte della Lega”.
Fiducia incondizionata se non carta bianca, a quanto pare: i toni di Salvini sono entusiatici. “è stato un incontro intenso, utile e proficuo, abbiamo fiducia in quello che deciderà il professor Draghi. Dobbiamo guardare alle democrazie, alle libertà dell’Occidente, senza essere tifosi di altri regimi che di democratico non hanno nulla”. Ha affermato in conferenza stampa, abbandonato il sentiero ungherese dopo la folgorazione sulla via di Città della Pieve.
“Ci interessa che si faccia l’interesse italiano e per noi significa ‘No’ all’austerità e su questo mi sembra vi sia sensibilità assolutamente condivisa”, spiega, anche se questo vuol dire mettere da parte i suoi stessi decreti sicurezza, bandiera della Lega nell’anno e mezzo di governo gialloverde e caposaldo della narrazione anti immigrazionista e antieuropesita se non addirittura contraria alle politiche Ue in materia.
“Noi chiediamo che le politiche sull’immigrazione siano di stampo europeo, vogliamo che si tratti la gestione come lo fanno altri Paesi, penso a Spagna, Francia, Germania, Slovenia ma anche Ungheria, Polonia. Una buona gestione dei confini, dell’integrazione e contrasto al traffico degli esseri umani”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Salvini ha però detto che non intende “cambiare maglietta” per quanto riguarda l’appartenenza della Lega all’eurogruppo parlamentare di Identità e Democrazia con Le Pen, AfD e altri partiti sovranisti e liquida così la questione: “La Lega non è interessata alle etichette destra, sinistra, europeista, sovranista l’importante è un governo che si fa rispettare in Europa”.
Peccato che il resto di Identità e Democrazia, a cominciare dai lepenisti del Rassemblement National per finire all’ultra-destra tedesca Afd, non sostenga il regolamento sulla Recovery and resilience facility e ieri si è avuto un primo assaggio della tensione palpabile fra alleati europei con un battibecco tra il presidente del gruppo, il leghista Marco Zanni (nella foto) e il tedesco di Afd Jorg Meuthen proprio sulla figura di Draghi, difeso a spada tratta dall’italiano. “La Lega voterà sì allo strumento di recupero e resilienza”, annuncia in serata Zanni “Preso atto dell’impegno che non ci sarà alcun aumento della pressione fiscale, che la stagione dell’austerity è finalmente archiviata, che si ridiscuteranno i vecchi parametri lacrime e sangue. Voteremo a favore per dare concretezza alla fase nuova che sta per iniziare”.
Per ora però non c’è l’ingresso nel Ppe all’orizzonte: la Lega resta nel gruppo sovranista, seppure in una posizione molto complicata. “Noi siamo in Europa per cambiare alcune regole che lo stesso Draghi ha riconosciuto non più adatte al nostro tempo”, si giustifica Salvini.