di Stefano Sansonetti
Gli uomini del Fisco incalzano Mapei a ritmi sempre più serrati. E il gruppo attivo nel settore dei sigillanti e adesivi per edilizia, guidato dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, comincia a preoccuparsi seriamente. Tanto che qualche tempo fa, per far fronte a una vertenza che si trascina da un po’ di anni, ha deciso per la prima volta di accantonare in bilancio una somma di 5,3 milioni di euro. Anche perché le ultimissime mosse dell’Agenzia delle entrate hanno allargato il perimetro delle contestazioni. Se inizialmente venivano rivendicate tasse non pagate per il solo anno 2005, adesso siamo arrivati ad avvisi di accertamento che riguardano ben 5 annualità, dal 2003 al 2007. Ma cosa contestano gli 007 di Attilio Befera e della Guardia di finanza? Sin dal 2009, in pratica, è nel mirino un’operazione di concessione di marchi e know how produttivo da parte di Mapei ad alcune controllate. In sostanza è sulla remunerazione derivante da questa concessione, contestata da Mapei, che secondo l’amministrazione finanziaria non sarebbero state pagate le tasse. I documenti contabili di Mapei, in questi anni, non hanno mai cifrato l’entità della contestazione, limitandosi a definirla “di importo rilevante”. Ma si tratta di circa 20-25 milioni di euro, almeno secondo l’ipotesi originaria.
Le vicenda
E’ dall’ultimo bilancio approvato del gruppo di Squinzi, relativo al 2012, che si apprendono le novità più rilevanti dell’intera vicenda. Per apprezzarne la portata, però, bisogna fare un piccolo passo indietro. Ancora nel bilancio del 2011, infatti, rispetto alle contestazioni la società professava assoluta tranquillità. “Con riferimento alla valutazione del possibile rischio di soccombenza”, vi si legge, “anche sulla base del parere espresso da qualificati professionisti che assistono la società, si ritiene che le contestazioni mosse dalla Guardia di finanza non siano adeguatamente motivate”. Per questo, proseguiva il bilancio 2011, “si ritiene che dalle contestazioni in parola non possano emergere passività per Mapei spa e pertanto non è stato accantonato alcun fondo a bilancio”. Insomma, il gruppo di Squinzi ostentava sicurezza.
Le accuse aumentano
Qualche mese fa, però, viene approvato l’ultimo bilancio di Mapei, quello del 2012. Ed emergono almeno due novità di assoluto rilievo. Innanzitutto si è allargata la striscia delle annualità contestate. I bilanci passati, per esempio quello del 2010, scrivevano che solo il 2005 era finito nel mirino di un avviso di accertamento che censurava il mancato pagamento di imposte dirette. L’ultimo documento contabile, invece, parla di un’autentica escalation. “Alla data odierna”, si legge nella relazione sulla gestione 2012 firmata il 22 maggio scorso da Squinzi, “la Direzione regionale della Lombardia ha notificato avvisi di accertamento relativi agli anni dal 2003 al 2007”. In più, pur continuando a ritenere “che la società abbia correttamente applicato la normativa fiscale, a titolo puramente prudenziale abbiamo appostato tra gli accantonamenti un importo di 5,3 milioni di euro”. Insomma, sembra quasi che Mapei cominci ad avere un po’ paura. Anche se la società, consultata da La Notizia, ha detto di essere tranquilla e di ritenere che “la contestazione sia per tre quarti infondata, mentre per il restante quarto ha ritenuto di effettuare un accantonamento solo prudenziale”. Se ne dovrà occupare, ad ogni modo, la Commissione tributaria provinciale di Milano. Per carità, il gruppo Mapei a livello consolidato nel 2012 ha fatturato 1 miliardo e 746 milioni di euro, a valle dei quali però sono rimasti utili per 28 milioni. Una causa fiscale da 20 milioni, quindi, può rivelarsi piuttosto fastidiosa.