Più che una partita a scacchi dove le mosse vanno studiate nel minimo dettaglio e dove è necessaria una strategia di ampio respiro, stabilendo obiettivi a lungo termine e pianificando il modo di ottenerli, in queste ultime ore – oggi si chiudono le consultazioni al Quirinale – quella che gli attori in campo stanno giocando è una partita a poker dove le carte si scoprono alla fine e si punta molto sul bluff. Come in tutte le strategie però, vi è un rischio calcolato e vi è l’imponderabile che, rispetto al target prefissato, può portare ad un esito incerto. Quali siano gli obiettivi dei giocatori a questo punto è abbastanza chiaro: da una parte il premier dimissionario Giuseppe Conte che sta tentando il tutto per tutto per allargare la maggioranza che gli consenta di ottenere il suo terzo incarico e dall’altra le contromosse degli avversari.
Ad ogni azione corrisponde una reazione, e ben lo ha evidenziato ieri il senatore forzista di lungo corso e grande capacità di mediazione Francesco Giro (che in tasca ha anche ha la tessera della Lega, e questo la dice lunga su quale sia il livello di fluidità del contesto), a proposito del “ripensamento” in tempo record dell’azzurro Luigi Vitali che mercoledì in tarda serata aveva annunciato l’addio al suo partito per sostenere un possibile Conte ter per poi fare marcia indietro e nelle prime ore della mattina successiva: “Sono molto lieto delle precisazioni del collega Vitali. è significativa la capacità di reazione positiva messa in campo dal centrodestra in questo frangente così delicato che richiede uno spirito unitario molto intenso, del quale Berlusconi e il suo erede politico Salvini sono un emblema prezioso e ineguagliabile”.
Parla di capacità di reazione Giro, e non sbaglia visto che per riportare all’ovile l’avvocato pugliese si sono mossi nientedimeno che i leader in persona che, per ammissione dello stesso Vitali, lo hanno contattato per farlo desistere dall’intento: “Mi ha chiamato Berlusconi e mi ha detto che non potevo fare una cosa del genere per la mia storia e per il mio lavoro in tutti questi anni in Parlamento e non solo – continua – Ho parlato anche con Salvini che si è detto meravigliato per questa mia scelta, mi ha detto che ha fatto un’apertura al dialogo e che è disponibile a parlare con tutti purché al centro si mettano la riforma della giustizia e del fisco. Io sono contrario alle elezioni anticipate e favorevole alle larghe intese”.
Ma ritorniamo alle parole di Giro: definisce Salvini “l’erede politico” di Berlusconi. Il diavolo si sa, si annida nei dettagli e questo non è un dettaglio di poco conto: al di là degli attenzionati azzurri di queste ultime ore – si parla di Virginia Tiraboschi, sembra invece solido il senatore toscano Massimo Mallegni che ha aspirazioni da capogruppo – quanti in FI vedono di buon occhio che il delfino (invero mai designato direttamente) del Cav sia il Capitano? Il malumore palpabile nelle file degli azzurri, che certo non è cosa delle ultime ore e delle ultime settimane, deriva anche da questo. Non tutti vogliono morire sovranisti.
A spiegarcelo sono due autorevoli esponenti di FI della primissima ora: con il fondatore lontano, in Provenza, e il partito gestito totalmente dal “cerchio magico” (da cui è stata estromessa in malo modo la ex fedelissima Maria Rosaria Rossi e da qui il suo gesto a sorpresa “ma non troppo”, ci assicurano, di votare la fiducia a Conte) il malcontento si fa sempre più insostenibile e, per un Causin (l’altro fuoriuscito da FI, ora nel Maie), con una storia costellata di vari passaggi da sinistra a destra, sono in molti anche tra i fedeli a non sopportare più lo strapotere dei soliti noti, il fatto che Silvio non prenda in mano la situazione e che non intravedono prospettive. Se poi questo si possa trasformare in un approdo concreto alla corte dei “volenterosi” è difficile dirlo, si torna alla partita di poker: le carte si scoprono all’ultimo.
E certo il fatto che Salvini abbia sparigliato mercoledì aprendo di fatto alla possibilità di un governo di larghe intese – che il leader di FI invoca da mesi e che pure Giorgetti non disdegna – rende la caccia ai costruttori più complicata. Salvo poi cambiare ancora versione ieri pomeriggio: “Io non vado al governo a tutti i costi – ha detto il leader della Lega – l’unica alternativa al voto è un governo di centrodestra”. Ma è solo l’ultima versione, appunto.
“La compattezza del centrodestra è nei fatti, noi siamo già stati dal presidente della Repubblica, l’opzione su cui siamo tutti d’accordo è il voto. E’ un’opzione praticabile e la più responsabile e giusta, non ho motivo di credere che le cose cambieranno” ha detto, questa mattina, a Radio Anch’io, il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Ogni giorno leggo che il centrodestra sarebbe spaccato, diviso… Si diceva anche che il centrodestra sarebbe stato devastato dai tentativi di acquisizione di finti responsabili, in realtà voltagabbana, ma alla fine Conte si è dovuto dimettere perché non è riuscito a convincere vari esponenti del centrodestra a sostenerlo”.