Smart worker ma non schiavi. Esplosa la pandemia il lavoro a distanza, che fino a quel momento non era stato oggetto di particolari approfondimenti e manca sostanzialmente di regole chiare, è diventato una necessità. Un sistema definito agile, che sta raccogliendo sempre più consensi, destinato ad essere portato avanti a quanto pare anche al termine dell’emergenza, ma che ha fatto emergere anche, in un vuoto normativo, il problema di chi si è trovato praticamente prigioniero davanti a uno schermo, seppure tra le mura domestiche.
Il Parlamento europeo si sta facendo carico del problema, la relazione sul diritto alla disconnessione è passata con un’ampia maggioranza, fatta di 472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astenuti. E anche su un diritto fondamentale per gli stessi lavoratori italiani cosiddetti “in smart” i sovranisti hanno fatto spallucce. Tra quanti hanno votato contro ci sono infatti stati Lega e Fratelli d’Italia.
IL PUNTO. “Il Parlamento europeo riconosce il diritto alla disconnessione a tutti i lavoratori europei. Questo voto rappresenta un primo, fondamentale, passo in avanti verso una tutela reale del lavoro da remoto che, dall’inizio della pandemia, si è trasformato dall’essere una possibilità per pochi a una necessità per molti”, ha evidenziato l’europarlamentare Daniela Rondinelli (nella foto), del Movimento 5 Stelle. I lavoratori a distanza sono passati dal 5% al 30% del totale in una condizione, come evidenzia la stessa esponente pentastellata, “di completo vuoto legislativo a livello europeo e nazionale”.
Il Movimento 5 Stelle auspica ora che il diritto alla disconnessione venga previsto e inserito nel Piano di azione sul pilastro europeo dei diritti sociali che verrà presentato nel mese di marzo dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Solo accelerando su questo provvedimento – evidenzia l’europarlamentare Rondinelli – potremo scongiurare la diffusione di nuove forme di sfruttamento ed evitare che gli Stati membri procedano in modo sparso e parcellizzato nel riconoscimento di questo diritto.
L’ORIZZONTE. Il lavoro è un fattore comune del mercato interno e quindi necessita di regole europee”. I 5S hanno così votato contro l’emendamento che chiedeva di ritardare l’azione legislativa della Commissione di tre anni, ma sostenuto il testo nel voto finale, ritenendo che sia stato rafforzato anche grazie ai loro emendamenti sul diritto dei lavoratori a ricevere informazioni chiare e adeguate sulle loro mansioni. Hanno mosso dei rilievi, discusso e portato a casa il risultato, cercando di arrivare a una relazione migliore di quella da cui si era partiti.
“Grazie al nostro contributo – conclude la Rondinelli – è stata prevista una netta distinzione tra orario di lavoro e tempi di riposo. L’era della digitalizzazione non può affermarsi con la nascita di nuove forme di dumping tra Paesi che violino i nuovi diritti fondamentali dei lavoratori. Siamo orgogliosi di questa Europa che cambia e che si interessa meno di finanza e banche e più di diritti e di lavoro. La Commissione europea adesso faccia presto, sui diritti dei cittadini i ritardi non sono ammessi”. Un passaggio importante per i lavoratori italiani e per tutti gli altri lavoratori europei. Di tali diritti non sembrano invece curarsene i sovranisti, che giurano di avere a cuore più di ogni altra cosa i lavoratori italiani ma che quando si tratta di agire nelle sedi istituzionali per tutelare quei lavoratori votano contro.