Tra il guano del leghista Borghi e i due liocorni di Butti di Fratelli d’Italia Sgarbi scomoda Guicciardini. E ancora: Gelmini invoca Tito Livio e Meloni si rifà a Barbapapà. Il dibattito che a Montecitorio si apre dopo le comunicazioni del premier Giuseppe Conte, e le successive dichiarazioni di fiducia, si trasformano in un frullatore impazzito. Più volte il presidente della Camera, Roberto Fico, è costretto a intervenire per far rimuovere cartelli e far rientrare fischi, cori e proteste e permettere, così, al premier di concludere il suo discorso.
Le proteste più veementi si registrano quando Conte fa riferimento alla Cina. E, cosa alquanto curiosa, quando il premier si appella alle forze responsabili e europeiste contro le “logiche sovraniste”. Come se sovranisti fosse un’offesa. Si levano dai banchi del centrodestra, in particolare FdI e Lega, cori al grido di “Mastella, Mastella” e “dimettiti”. Il punto più basso, forse, si tocca proprio con Claudio Borghi (nella foto). “Al di là di sentire un discorso per cui sembrava di avere qui il Senato romano ai tempi di Augusto, ai tempi di Adriano, ma vi state guardando? Ma vi rendete conto di chi siete? Ma sa chi ha di fianco, lei? L’ex dj! Stiamo parlando di un areopago, di persone competentissime? Ma non ce n’è uno che si salva!”, attacca il leghista in un crescendo di offese.
“Lei se ne andrà – sentenzia – quando si sarà reso conto che la montagna di guano che è stata accumulata e che avete messo sotto al tappeto, sarà così enorme da non potersi nascondere. Allora ve ne andrete e ve ne andrete come chi lascia la casa occupata, con tutto distrutto dopo aver rubato tutto e dopo aver defecato al centro della stanza”. E dopo questo intervento aulico, altre vette altissime si toccano con le parole di Alessio Butti. All’operazione sui costruttori è arrivato un importante endorsement da parte del mondo cattolico.
Il deputato di FdI parte da qui: “Oggi, i soccorritori si chiamano costruttori; un tempo, specie se arruolati dal centrodestra, perché è accaduto anche questo, erano più semplicemente definiti dei voltagabbana. Ora godono anche dell’indulgenza dei vescovi e lei, che è uno scaltro opportunista, per compiacerli ha indossato i panni del novello Noè. Ma la Cei, se non altro perché dovrebbe essere informata sui fatti, parlo di quelli biblici naturalmente, dovrebbe sapere che la missione di Noè, di quello vero, era salvare l’umanità dal diluvio universale mentre lei sta pensando esclusivamente a salvare se stesso e la sua maggioranza dal suffragio universale, cioè dal voto popolare, e non è la stessa cosa! E così si tenta il ‘tutti a bordo’, come nella filastrocca, presidente, la ricorda? La cantavamo alle elementari, siamo quasi coetanei, quella dei due coccodrilli che, nel suo caso, sono anche abbastanza voraci, quella dei piccoli serpenti, che nel suo caso hanno anche la lingua abbastanza biforcuta. Certo, nel suo caso non c’è l’aquila reale, però c’è il gatto, il topo e l’elefante, sì, e non manca più nessuno. E invece, anche qui è riuscito a sbagliare! Sa perché? Ancora non si vedono i due liocorni, i liocorni che le avrebbero garantito la maggioranza numerica al Senato”.
Nelle dichiarazioni di voto è Giorgia Meloni show. La leader di FdI parla di Mastella Airlines, di mercimonio, chiama in causa il capo dello Stato: “Siete sicuri che il presidente della Repubblica vi consentirà di governare in assenza di una maggioranza assoluta? Dopo che nel 2018 si è rifiutato di dare l’incarico al centrodestra perché non c’era la certezza sui numeri. Pensate che le regole della democrazia valgano solo per il centrodestra?”. Conte diventa nel lessico meloniano Barbapapà – capace di prendere forme diverse a seconda della convenienza e di quello che gli chiedono i suoi “mandanti” – e i suoi sono barbatrucchi che, si dice convinta, non gli riusciranno.
E riguardo all’operazione sui costruttori dice: “Chissà quanto saranno utili i compassi”. E chissà se l’alleato Berlusconi – tessera P2 n. 1.816) – avrà gradito. L’azzurra Mariastella Gelmini ricorda Tito Livio: “Mentre Roma discute, Sagunto brucia”. Citando il tema della riconoscenza di Guicciardini, Sgarbi dichiara: “Conte è un bravo ragazzo, cantava Salvini quando qualcuno dubitava di lei. Poi quando Salvini se n’è andato, noi pensavamo che se ne andasse con lui, invece con un numero acrobatico è rimasto sostituendo sé stesso e poi sostituendo la Lega con il Pd: l’Italia dei due Matteo”. E conclude: “Ora chi l’ha voluto, Matteo Renzi, non lo vuole più, non è un paradosso? Lei continua a rimanere, complimenti! Lei rimane e l’Italia se ne va”. Più tardi invita il premier a dimettersi accompagnandolo con un vaffan… Cina. Dalla Camera è tutto.