di Vittorio Pezzuto
L’ex deputato Maurizio Paniz, uno degli avvocati più apprezzati da Silvio Berlusconi, ritiene che un eventuale ricorso straordinario alla Cassazione per errore di fatto sia «un valido argomento di discussione anche se non appare un rimedio ineccepibile dal momento che le dichiarazioni del presidente Esposito sono susseguenti alla sentenza. Sul punto esiste peraltro un dibattito in dottrina e va detto che la materia del contendere è quanto mai friabile: prova ne sia che eminenti giuristi in queste ore hanno dato di quell’intervista interpretazioni che vanno in direzioni opposte. Le dichiarazioni del presidente Esposito, fortemente incaute e criticabili, legittimano in ogni caso rimedi importanti: procedure disciplinari e forse qualcosa di più. Per questo credo necessario agire a livello di giurisdizione europea. In tutti gli altri Paesi un’intervista del genere sarebbe infatti apparsa inammissibile».
Berlusconi non è stato colpito da un meteorite: da mesi si sapeva di una sua possibile condanna definitiva. Come mai allora siete rimasti tutti frastornati dalla sentenza della Cassazione?
«Fino alla vigilia ha prevalso, sulla base di solidi argomenti giuridici, una forte convinzione che la sentenza di secondo grado sarebbe stata annullata. Io stesso ero tra coloro che avevano espresso ipotesi molto favorevoli in tal senso. Anche oggi, con tutto il rispetto che devo alla sentenza e alla Cassazione, mi permetto di dire che avrei ritenuto molto più convincente una procedura di annullamento. Quanto al vertice del partito, la sentenza ha esaltato le differenze tra chi voleva già da tempo tornare al voto e quanti preferiscono invece proseguire questa esperienza di governo».
Sta di fatto che in vent’anni avete più volte promesso la riforma della giustizia, senza mai realizzarla.
«Confermo. C’è da rimproverarsi moltissimo. Purtroppo il centro direzionale in materia di giustizia – di Forza Italia prima e del Pdl dopo – non ha mai consentito di portare avanti determinate opportunità. Senza contare le forti obiezioni che ogni volta ci sono state mosse da Casini, Fini e i loro. Io stesso ho insistito invano nel 2002 e nel 2003 perché venisse reintrodotta l’immunità parlamentare prevista a suo tempo dai padri costituenti. Credo che occorra tornare a insistere sulla separazione delle carriere dei magistrati inquirenti e di quelli giudicanti. Non abbiamo nemmeno voluto affrontare il tema della riforma del Csm, oggi fortemente lottizzato in varie correnti. Abbiamo sbagliato: avevamo i numeri e i mezzi per fare tutto questo ma non siamo stati in grado di portare avanti con determinazione i nostri propositi».